Economia & società

Percepisce miniassegno di invalidità, chiede l’aumento ma l’Inps gli revoca la pensione

La vicenda seguita da Antonio Di Bella, responsabile regionale del patronato Encal Cisal: "A Peppino Macrì negato il diritto a vivere con dignità"

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La storia è raccontata da “il Quotidiano del Sud”  di oggi: un uomo di 58 anni che vive da solo in condizioni difficili in una casa popolare e che riesce ad andare avanti grazie ad una pensione di invalidità di circa 290 euro ha proposto all’Inps la domanda di aggravamento, ma la risposta dell’Istituto previdenziale è stata da brividi: Non solo questa domanda è stata respinta, ma addirittura è stato giudicato non invalido civile (patologia non invalidante o con riduzione della capacità lavorativa in misura inferiore ad un terzo).

La vicenda. A schierarsi dalla parte di Peppino Macrì, questo è il suo nome, è l’ex sindaco di Dinami Antonio Di Bella: “Peppino Macrì – spiega Di Bella – è un mio compaesano che vive in condizioni difficili in una casa popolare. Seguo le sue vicissitudini da quando ero amministratore: i suoi genitori sono morti, non è sposato e, a parte l’interessamento di qualche nipote, non può contare sul sostegno della rete parentale. Per come si evince anche dalla relazione degli assistenti sociali, si trova in uno stato di solitudine relazionale in via di ulteriore peggioramento”.

Di Bella, che assiste Peppino come responsabile regionale del patronato Encal Cisal, precisa che “il suo unico punto fermo era la pensione d’invalidità, di circa 290 euro. Ha proposto domanda di aggravamento, ma la risposta dell’Inps è stata da brividi. Non solo questa domanda è stata respinta, ma addirittura è stato giudicato non invalido civile (patologia non invalidante o con riduzione della capacità lavorativa in misura inferiore ad un terzo). Questo significa che anche la certezza di quella piccola entrata è stata cancellata. Peppino, il cui udito non è più efficace, non è in grado di provvedere al suo mantenimento ed ora deve fare i conti pure con la sordità dello Stato che si gira dall’altra parte e lo abbandona al suo destino”.

La battaglia del patronato. La conclusione però è battagliera: “Come patronato non lasceremo solo Peppino, combatteremo insieme a lui finché l’Inps non si ravvederà e riconoscerà il suo diritto a vivere con dignità. Siamo pronti a compiere tutte le azioni, nel rispetto della legge, che si renderanno necessarie”.

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