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Omicidio a Seminara, svolta nelle indagini: “Ecco perché Gioffrè è stato ucciso” (VIDEO)

Secondo la ricostruzione degli investigatori, il delitto sarebbe da inquadrare in una reazione sanguinaria della famiglia Fioramonte alle reiterate richieste estorsive ricevute. Blitz dei carabinieri all'alba: arrestate quattro persone

Sono accusati, a vario titolo, di omicidio in concorso, estorsione, detenzione e porto illegale in luogo pubblico di armi comuni da sparo con l'aggravante di aver commesso i fatti con modalità mafiose e per agevolare le attività della cosca di appartenenza. Dovranno rispondere di questi reati i tre presunti autori dell'omicidio di Fabio Giuseppe Gioffrè, avvenuto a Seminara nello scorso mese di luglio. All'alba di oggi i carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia, hanno arrestato Domenico Fioramonte, 41 anni di Taurianova; Giuseppe Domenico Laganà Comandè di 20 anni di Polistena; Saverio Rocco Santaiti, 58 anni di Seminara. Il provvedimento scaturisce dalle indagini – collegate al più ampio contesto investigativo delineato dall’operazione “Ares” del 9 luglio scorso, che ha evidenziato la preponderante influenza delle formazioni della ndrangheta di Rosarno (RC) sulle attività delittuose nella Piana e nei comuni pre-aspromontani – avviate dai carabinieri del Gruppo di Gioia Tauro e coordinate dal procuratore aggiunto Gaetano Calogero Paci e dal sostituto procuratore Adriana Sciglio, a seguito dell’omicidio commesso in danno di Fabio Giuseppe Gioffrè, ritenuto esponente di vertice dell’omonima cosca seminarese inquadrata nelmandamento tirrenico della ‘ndrangheta reggina.



Domenico Fioramonte

L'agguato. Il 21 luglio 2018, in contrada Monte di Seminara, in un terreno di proprietà in cui svolgeva l’attività di allevatore, il pregiudicato Fabio Giuseppe Gioffrè, detto “Siberia” veniva ucciso a colpi d’arma da fuoco da due soggetti travisati. Nell’agguato rimaneva ferito anche un minore bulgaro, attinto al torace ed al braccio sinistro, e nella circostanza il capannone insistente sul fondo agricolo veniva parzialmente danneggiato da un incendio, probabilmente appiccato dagli stessi autori dell’omicidio. Le indagini immediatamente avviate – essenzialmente basate su acquisizioni di natura tecnica e complicate dal contesto sociale e familiare della vittima, particolarmente omertoso e ostile – hanno permesso di ricostruire la dinamica dell’agguato e di accertare le responsabilità, quale esecutore materiale dell’omicidio in concorso con un altro soggetto in via di compiuta identificazione, di Domenico Fiaramonte, titolare di un frantoio in Seminara, ritenuto contiguo ai “Grasso” di Rosarno.

Saverui Rocco Santaiti

Giuseppe Laganà

Il movente. Secondo la ricostruzione degli investigatori, l'omicidio Gioffrè sarebbe da inquadrare in una reazione sanguinaria della famiglia Fioramonte alle reiterate richieste estorsive ricevute dai "mafiosi" di Seminara. Le acquisizioni investigative dei militari dell’Arma hanno infatti consentito di inquadrare il grave episodio delittuoso nell’ambito delle dinamiche estorsive poste in essere dai gruppi “Laganà” e “Santaiti”, entrambi attivi nel territorio di Seminara e, a tratti, contrapposti alla cosca “Gioffrè”, di cui Fabio Giuseppe Gioffrè sarebbe stato un esponente di rilievo. Nel corso degli accertamenti svolti per l’operazione “Ares”, infatti, erano state captate una serie di conversazioni ambientali dalle quali emergeva che nel maggio scorso i Fioramonte, legati da vincoli di parentela con i “Grasso”, si erano rivolti a  Rosario Grasso per cercare protezione dalle continue e pressanti pretese estorsive dei “Laganà" e dei “Santaiti”, che stavano “strozzando” l’attività imprenditoriale di famiglia. Secondo le ricostruzioni dei carabinieri si tratterebbe di due estorsioni compiutamente documentate in danno dell’impresa familiare dei Fioramonte, reiterate in un ampio arco temporale. In questo contesto aveva sin da subito assunto rilievo la figura di Fabio Giuseppe Gioffrè (la vittima dell’omicidio), attivatosi autonomamente per portare davanti ai “Grasso” (la cui cosca non operava in Seminara ma si adoperava per i Fioramonte, considerati vicini alla famiglia) i soggetti che avevano commesso estorsioni nei confronti dei Fioramonte, ossia  Giuseppe Domenico Laganà Comandé e  Saverio Rocco Santaiti. L’intervento dei “Grasso” si rivelerà duplice, poiché consistito sia nel chiedere a Laganà Comandé di non vessare più i Fioramonte, sia nello spronare questi ultimi a reagire duramente nei confronti di ulteriori tentativi di estorsione, potendo contare proprio sull’autorevole appoggio dei “Grasso”. Nei confronti dei “Santaiti”, che rifiuteranno di ridiscutere i termini dell’estorsione poiché ritenuti frutto di accordi pregressi e ormai consolidati, i “Grasso” valutavano di interessare un altro gruppo criminale di spessore, i “Bellocco”, per convincere i “Santaiti” a desistere dalle pretese finora attuate. "Si tratta - spiegano i carabinieri - evidentemente di un ambito particolarmente insidioso, in cui il Gioffré dimostrava in maniera evidente una certa disinvoltura e una evidente credibilità, come attestato dai colloqui con il capocosca Grasso Rosario e dall’iniziativa di portare davanti a quest’ultimo Laganà e Santaiti. Il suo ruolo appare però molto delicato e rischioso poiché, in labile equilibrio fra rapporti obliqui e opachi, risultavano sin da subito concreti elementi che facevano intravedere un suo personale interesse nella vicenda. È risultato quindi fisiologico che, nella famiglia Fioramonte, taluni riponessero fiducia nella capacità di mediazione del Gioffrè, mentre altri apparivano infastiditi dall’intromissione di quest’ultimo". 

Salvatore Fioramonte

L'altro arresto. In fase esecutiva, inoltre, i militari dell’Arma di Gioia Tauro hanno tratto in arresto, al termine della perquisizione domiciliare, anche Salvatore Fioramonte, 33 anni, trovato in possesso di un revolver cal. 38 con matricola abrasa, carico, occultato all’interno di un armadio del garage della propria abitazione di San Ferdinando.