Cronaca

Scioglimento Comune Limbadi, il Viminale non risparmia neppure il sindaco e un assessore

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La relazione del ministero dell’Interno esemplifica un quadro generale di condizionamento della consorteria mafiosa del luogo sull’Amministrazione. Sotto la lente alcuni affidamenti diretti e i rapporti tra politica e burocrazia

Dai rapporti dell’amministrazione comunale con l’apparato burocratico dell’Ente, passando per gli affidamenti diretti dei lavori ed il mancato controllo sulle imprese appaltatrici, fino alla mensa scolastica affidata ad una ditta destinataria di interdittiva. Il tutto in un contesto corredato da fenomeni di abusivismo idrico non adeguatamente contrastati e da parentele sospette di amministratori, addirittura valorizzati. 

La dura lex della cosca. Nelle  relazione del ministro dell’Interno dalla quale traspaiono le ragioni dello scioglimento del Comune di Limbadi delinea un quadro a tinte fosche, espressione di un centro dominato da una potente consorteria di ‘ndrangheta e sottomesso alla dura lex delle cosche. Perchè prima di altri aspetti, quello che salta agli occhi e “la cornice criminale e il locale contesto ambientale, con particolare riguardo ai rapporti tra gli amministratori e le locali cosche. Ed emerge come “l’uso distorto della cosa pubblica si sia concretizzato nel tempo nel favorire soggetti o imprese collegati ad ambienti controindicati per l’esistenza di una fitta rete di cointeressenze, amicizie e frequentazioni, che lega alcuni amministratori ad esponenti delle locali consorterie criminali o a soggetti ad esse contigui”. 

Ombre sulla lista del sindaco. Non ci sono dubbi per il Viminale: “Le verifiche disposte hanno evidenziato la presenza tra i sostenitori della lista capeggiata dall’attuale sindaco” Pino Morello, “di soggetti riconducibili ad ambienti controindicati”. Lo stesso primo cittadino si è presentato a deporre come testimone in un processo “nei confronti di alcuni esponenti della criminalità organizzata” soltanto dopo che “le forze di polizia hanno eseguito l’accompagnamento coatto”. 

Il caso dell’assessore valorizzato. Sotto la lente d’ingrandimento del Ministero dell’Interno, su segnalazione della Prefettura, è finito anche “un assessore che nel 2011 aveva chiesto sostegno ad un esponente apicale della cosca locale recandosi nella sua azienda. Nonostante tale episodio, è stato candidato dal capo dell’Amministrazione nella propria lista nel 2015 ottenendo anche l’incarico assessorile”. 

La logica degli affidamenti diretti. Nel mirino del ministro dell’Interno finiscono anche “affidamenti diretti e cottimi fiduciari e proroghe di servizi disposti in favore di imprese riconducibili al locale contesto criminale e con liquidazione di consistenti fondi pubblici”. Tra gli altri “lavori di giardinaggio per valori superiori a 50mila euro disposti senza nemmeno la comparazione di preventivi”. 

Mensa scolastica. Tutt’altro che convincente per il Viminale “il servizio della mensa scolastica, assegnato con affidamento diretto senza alcuna ricerca di mercato ad un’impresa il cui titolare appartiene ad una famiglia composta da soggetti gravati da vari reati, anche di tipo associativo”. 

Raccolta dei rifiuti. In questo caso, “la società appaltatrice ha utilizzato per la raccolta ed il trasporto dei rifiuti il veicolo di un’altra società destinataria di due interdittive antimafia emesse dalla Prefettura di Vibo Valentia, il cui titolare è persona gravata da pregiudizi penali e riconducibile ad ambienti criminali”. 

Politica e burocrazia. Evidenziata infine l’ingerenza degli organi politici nell’attività riservata all’apparato burocratico “in violazione del principio di separazione tra il potere di indirizzo e quello di gestione”. A tal propostito sarebbero stati riscontrati “a carico di numerosi dipendenti, alcuni dei quali riconducibili per rapporti di parentela o frequentazioni ad ambienti criminali – numerosi precedenti di polizia per reati anche di tipo associativo”. (t.f.)

 

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