Cronaca

‘Ndrangheta, il Tribunale di Palmi scarcera l’imprenditore Alfonso Annunziata

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L’imprenditore di Gioia ha rilasciato dichiarazioni spontanee nel corso del processo nato dall’inchiesta “Bucefalo”: “pago il pizzo dagli anni ’80 a Piromalli e Molè”

È stato scarcerato dal Tribunale di Palmi Alfonso Annunziata. La decisione è stata presa due giorni dopo la sua deposizione nel processo nel quale è il principale imputato. Una deposizione alla quale sono seguite delle dichiarazioni spontanee molto sofferte da parte del famoso imprenditore di origini campane, da decenni residente a Gioia Tauro. L’accusa nei suoi confronti è pesante: essere socio d’affari dei Piromalli. Accusa che Annunziata ha sempre rigettato. E anche in udienza ha sostenuto la stessa tesi ribadendo di essere una vittima della ‘ndrangheta e non partecipe. Annunziata, infatti, ha dichiarato di avere sempre pagato il pizzo raccontando la sua storia imprenditoriale a Gioia Tauro, prima e dopo l’intimidazione del 1987 che lo aveva portato a lasciare la città del porto per tornare a San Giuseppe Vesuviano.

“Io sono una vittima” Secondo quanto affermato da Annunziata in udienza, per decenni avrebbe pagato 50 milioni di lire sia ai Piromalli che a Molè. Con l’entrata dell’euro la cifra si sarebbe trasformata in 25mila euro per i Piromalli e 38 dati direttamente a Rocco Molè, che avrebbe chiesto un aumento dell’estorsione. Un fiume di denaro pagato ai due potenti clan della città del porto fino al 2008, quando fu ucciso Rocco Molè. Da quel momento in avanti, ha dichiarato Annunziata, nessuno è più andato a chiedergli nulla. In quel momento, ha detto l’imprenditore, aveva pensato di essersi liberato di un peso, ma dopo poco era finito in carcere con l’accusa di essere socio d’affari con i Piromalli.
Avrebbe invece continuato a pagare una specie di obolo alla famiglia di Giuseppe Piromalli classe ’21, come ringraziamento per avergli “concesso” il ritorno a Gioia Tauro alla fine degli anni ’80, quando aveva lasciato la Calabria a causa dello stillicidio di atti intimidatori a cui era stato sottoposto.