Cronaca

Quattro imprenditori arrestati a Reggio: “Gestivano edilizia e sala bingo per conto dei clan” (VIDEO)

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Avrebbero contato sull’appoggio delle più pericolose cosche cittadine per accumulare enormi profitti illegali poi riciclati in fiorenti attività commerciali

Imprese cresciute grazie alla protezione dei clan, se non addirittura gestite direttamente dai capi della ‘ndrangheta attraverso i loro sodali. E’ il quadro, non inedito, emerso dall’operazione “Monopoli”, che ha portato al fermo di quattro imprenditori di Reggio Calabria, di cui la Dda e i carabinieri hanno ricostruito rapporti e ruoli ed a cui sono stati sequestrati beni per 50 milioni.

Carmelo Ficara

Nomi e ruoli. Carmelo Ficara, 62 anni, in particolare, è ritenuto responsabile di concorso esterno in associazione mafiosa e concorso in estorsione aggravata dal metodo mafioso; Andrea Francesco Giordano, 67 anni, e Michele Surace, di 61, devono rispondere dei reati di associazione di tipo mafioso, esercizio abusivo dell’attività finanziaria e trasferimento fraudolento di valori aggravato poichè commesso al fine di agevolare l’attività dell’associazione mafiosa. Quest’ultimo reato è contestato anche a Giuseppe Surace, 34 anni.

Operazione “Monopoli”. Il provvedimento è scaturito da un’indagine avviata nel febbraio 2017 dai militari del Nucleo Investigativo di Reggio Calabria sotto la direzione della locale Direzione Distrettuale Antimafia, tesa a far luce su un sistema di cointeressenze criminali, coltivate dagli imprenditori coinvolti che, sfruttando l’appoggio, in particolare, della cosca Tegano, sarebbero riusciti ad accumulare, in modo del tutto illecito, enormi profitti prontamente riciclati in fiorenti e diversificate attivitàcommerciali. Michele Surace ed Andrea Giordano sono stati recentemente coinvolti anche nell’operazione “Martingala” per concorso in auto-riciclaggio ed emissione di fatture per operazioni inesistenti. Le rivelazioni di alcuni pentiti hanno delineato dettagliatamente i profili dei due, affiliati di lunga data, secondo gli inquirenti, ai Tegano di Archi ed in contatto, in particolare, con il boss Giovanni Tegano, attualmente detenuto.

Giuseppe Surace

Michele Surace

L’ombra dei clan. Le fortune del duo imprenditoriale Surace-Giordano hanno preso il via dall’edilizia residenziale: verso la fine degli anni ’90 realizzarono il complesso residenziale “Mary park”, che ospita i locali dell’unica sala bingo cittadina e numerose villette a schiera, in cui era stata riservata la disponibilità di un appartamento a Giuseppe Tegano, fratello del boss Giovanni Tegano. Questa contiguità avrebbe garantito ai due imprenditori un eccezionale sviluppo economico grazie al reimpiego dei proventi illeciti della cosca in diverse iniziative imprenditoriali affidate a loro, divenuti nel tempo un tassello fondamentale del sistema di riciclaggio e reinvestimento dei proventi illeciti della “famiglia”. Il timore dei provvedimenti che la Procura reggina avrebbe potuto adottare sulla base delle indagini scaturite dalle dichiarazioni di collaboratori di giustizia già noti all’opinione pubblica avrebbe indotto i due imprenditori ad avviare una serie di manovre societarie funzionali a schermare la reale titolarità delle imprese a loro riferibili. A partire dal 2016, pertanto, le imprese edili e immobiliari dei due hanno assunto l’attuale conformazione in “Essegi Costruzioni s.r.l.” e “G.G. Edilizia”, formalmente intestate ai figli di Andrea Giordano, Giorgio e Giuseppe, ma di fatto gestite dal padre, “Construction Italy s.r.l.” e “Coedil S.r.l.”, intestate a Demetrio Modafferi, Giuseppe Surace, Gaetano Hermann Murdica, rispettivamente cognato, figlio e genero di Michele Surace, vero dominus. Le quattro società operavano sotto il diretto e continuo controllo dei due imprenditori fermati, filmati dagli inquirenti mentre gestivano personalmente le maestranze sui cantieri edili e i dipendenti degli uffici commerciali; ordinavano materiale ai fornitori, accompagnavano i potenziali acquirenti nelle visite agli immobili in vendita e tenevano tutti i rapporti con il commercialista di fiducia, tutti ruoli – sottolineano gli inquirenti – assolutamente incoerenti con gli assetti societari formali. 
Per quanto riguarda Carmelo Ficara, le indagini lo individuano come riferimento della famiglia “De Stefano” di Archi. Rispetto a Surace e Giordano, considerati negli atti della Procura come “assolutamente intranei al sodalizio criminale di riferimento”, l’imprenditore e’ considerato l’uomo d’affari a disposizione della ‘ndrangheta, rispetto alla quale sarebbe progressivamente divenuto concorrente esterno. Gli accertamenti volti a ricostruire la sua intera storia imprenditoriale, unitamente agli esiti delle attività tecniche, hanno permesso di ricostruire le numerose cointeressenze imprenditoriali tra Ficara ed il binomio Giordano-Surace, nonchè uno storico rapporto di amicizia esistente in particolare tra Ficara e Surace.

Andrea F. Giordano

La ristrutturazione del Museo Nazionale. Il quadro indiziario raccolto ha messo in risalto il ruolo che Ficara ebbe, nel 2010, nell’ambito dei lavori di ristrutturazione del Museo Nazionale della Magna Graecia di Reggio Calabria. La cosca De Stefano aveva imposto, tra l’altro, all’amministratore della “Co.Bar. S.p.a.”, ditta a cui erano stati affidati i lavori, l’affitto un magazzino di proprietà di Ficara da adibire a deposito temporaneo dei reperti archeologici. La vicenda dei lavori al museo cittadino era stata già oggetto, in passato, dell’indagine “Il principe” e in quella circostanza l’attenzione degli inquirenti fu incentrata su una serie di estorsioni consumate dalla cosca De Stefano e sul ruolo di primissimo livello rivestito da Giovanni De Stefano, figlio del defunto Giorgio De Stefano, reggente della cosca.
La storia imprenditoriale di Ficara emerge dall’inchiesta “Alta tensione”, scaturita dall’accertamento di attivita’ estorsive consumate in danno di imprenditori edili operanti nei quartieri reggini di Modena e Ciccarello da parte delle cosche Caridi-Borghetto-Zindato e delle modalita’ d’infiltrazione occulta della ‘ndrangheta in quel settore imprenditoriale. In quella inchiesta era emerso come tra gli imprenditori vittime di estorsione vi fosse anche Ficara. Tuttavia le indagini avevano anche accertato come l’imprenditore avesse gia’ diminuito la sua attivita’ edilizia nei quartieri Modena e Ciccarello, spostandole in quello di Archi e nelle zone limitrofe. Carmelo Ficara aveva di conseguenza richiesto l’intervento dei De Stefano per appianare i suoi burrascosi rapporti con i Borghetto-Zindato del quartiere Modena. Il rapporto con i De Stefano gli consenti’ di assumere il ruolo di imprenditore di riferimento della potente cosca. Dal 2007, Carmelo Ficara concentro’ nel quartiere Archi e zone limitrofe gran parte delle sue iniziative imprenditoriali, realizzando numerosi complessi residenziali grazie alla protezione offerta dal sodalizio. “Si comprende, pertanto – scrivono gli inquirenti – come Ficara non appartenga a quella categoria di imprenditori subordinati, assoggettati all’organizzazione criminale con l’intimidazione, quanto piuttosto a quella degli imprenditori “collusi” in grado di instaurare con il sodalizio mafioso un rapporto fondato su reciproci vantaggi”.

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