Cronaca

“Nemea”, inchiesta contro il clan Soriano: resta in carcere anche Emanuele Mancuso

emanuele-mancuso-arrestato.jpg

Il gip del Tribunale di Reggio Calabria non ha però convalidato l’arresto nei confronti del figlio del boss Panteleone Mancuso: “Non c’è pericolo di fuga”

Emanuele Mancuso resta in carcere. Il 30enne figlio del boss Pantaleone Mancuso, alias l’ingegnere, fermato a Villa San Giovanni giovedì scorso e arrestato nell’ambito dell’operazione Nemea contro il clan Soriano rimane recluso nella casa circondariale “San Pietro” di Reggio Calabria. Nei suoi confronti, però, il gip del Tribunale di Reggio Calabria Valentina Fabiani non ha convalidato l’arresto ma ha applicato ugualmente la misura della custodia cautelare in carcere.

Emanuele Mancuso

Il verdetto. Assistito dall’avvocato Francesco Sabatino, Emanuele Mancuso aveva risposto alle domande del gip Valentina Fabiano e del pm della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria Roberto Di Palma nel corso dell’interrogatorio di garanzia di sabato scorso. Per il giudice non c’è pericolo di fuga e per questo l’arresto non è stato convalidato mentre la misura della custodia cautelare in carcere è stata applicata in relazione alla gravità indiziaria di uno dei capi di imputazione: l’intimidazione all’imprenditore Antonino Castagna. Nelle stesso tempo il gip ha escluso la gravità indiziaria circa l’estorsione perpetrata ai danni dell’avvocato Romano Pasqua, titolare del distributore di benzina di Filandari. Il gip di Reggio Calabria si è quindi dichiarato incompetente per territorio disponendo la trasmissione degli atti al pm della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro e al competente gip distrettuale per una nuova richiesta di misure cautelari.

Operazione “Nemea”. Il blitz contro i Soriano di Filandari è scattato all’alba dello scorso 8 marzo. I carabinieri, coordinati dal procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro Giovanni Bombardieri, hanno eseguito sette fermi nell’ambito di un’inchiesta condotta dal sostituto procuratore Annamaria Frustaci. Le accuse, a vario titolo, vanno dall’estorsione al danneggiamento, dalla detenzione di armi e munizioni alla detenzione di droga ai fini di spaccio. Reati aggravati dal metodo mafioso. L’inchiesta fa luce su una serie di intimidazioni messe a segno tra Filandari e Jonadi in un arco temporale piuttosto ristretto che va da fine novembre a fine febbraio. Una dozzina gli atti intimidatori ricostruiti dai carabinieri guidati sul campo dal colonnello Luca Romano e dal maggiore Valerio Palmieri. Tra i tanti episodi oggetto del fermo, inquietante l’idea di compiere un attentato ai danni della caserma dei carabinieri di Filandari.

LEGGI QUI |  “Nemea”, regge l’inchiesta contro il clan Soriano di Filandari: fermi convalidati

LEGGI QUI | ‘Ndrangheta a Vibo, per Gratteri è una priorità: “Questo è uno dei territori a più alta densità mafiosa”

LEGGI QUI | I legami tra i Soriano ed Emanuele Mancuso, la gioielleria svaligiata e l’agguato al boss di Zungri

LEGGI ANCHE | Operazione “Nemea” a Vibo, il clan Soriano voleva far saltare in aria la caserma dei carabinieri (VIDEO)

LEGGI ANCHE | ‘Ndrangheta, blitz dei carabinieri nel Vibonese: disarticolato il clan dei Soriano (NOMI-VIDEO)

 

 

Più informazioni