La sesta sezione penale della Suprema Corte ha accolto il ricorso presentato dai legali di Nazzareno Salerno e Vincenzo Spasari riqualificando il reato in minacce aggravate dal metodo mafioso
Non ci fu estorsione, ma al massimo minaccia aggravata. E’ quanto deciso dalla sesta sezione penale della Cassazione sciogliendo le riserve sul ricorso proposto dai legali dell’ex assessore regionale Nazzareno Salerno, 53 anni di Serra San Bruno, in relazione ad una delle vicende chiave dell’inchiesta denominata “Robin Hood”, quella verificatasi all’interno del “Vivaio Santacroce”.
Il verdetto. In accoglimento del ricorso proposto dagli avvocati Vincenzo Gennaro e Domenico Naccari, la Cassazione ha annullato senza rinvio il provvedimento depositato lo scorso mese di novembre dal Tribunale di Catanzaro che, a sua volta, aveva accolto l’impugnazione proposta dal pm della Direzione distrettuale antimafia. In pratica i giudici della Suprema Corte hanno derubricato l’accusa da estorsione aggravata dal metodo mafioso, per come richiesto dall’accusa, ha minaccia aggravata dallo stesso articolo 7 come, tra l’altro, deciso dal gip in sede di convalida dell’ordinanza cautelare. Annullamento senza rinvio e reato riqualificato da estorsione a minacce aggravate dal metodo mafioso anche per Vincenzo Spasari, 56 anni di Nicotera.
L’accusa. Secondo gli inquirenti Nazzareno Salerno, all’epoca dei fatti assessore regionale, unitamente all’impiegato di Equitalia Vibo Vincenzo Spasari, avrebbe costretto l’ex direttore generale del Dipartimento 10 della Regione Calabria Bruno Calvetta ad affidare la responsabilità del progetto “Credito Sociale” (gestito fino a quel momento da un funzionario che sarebbe stato sgradito a Salerno) a Vincenzo Caserta. Un’intimidazione in piena regola che per gli inquirenti sarebbe stata aggravata proprio dalla presenza di Spasari e Ferrante, ritenuti vicini alla famiglia Mancuso il primo e ai Vallelunga il secondo.
