Cronaca

Usura all’imprenditore di Polistena, gli imputati accusano: “E’ stato lui a truffarci”

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I fratelli Zappia si sono difesi in aula sostenendo che i 50mila euro erano stati dati a Mammola per un investimento da fare insieme

Accusati di usura si difendono e si dichiarano vittima di una truffa. I fratelli Ottavio e Giuseppe Zappia, di Polistena, sono imputati davanti al Tribunale di Palmi. I due polistenesi sono accusati dalla procura di Palmi di usura nei confronti di Vincenzo Mammola. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, gli Zappia avrebbero prestato 50mila euro chiedendo la restituzione nel giro di un anno della somma con l’aggiunta di 20mila euro di interessi. Interessi che sarebbero cresciuti fino ad arrivare a 100mila euro per il mancato pagamento del debito. 

La difesa Nell’ultima udienza, i due imputati sono stati sentiti come testimoni e hanno fornito una versione del tutto diversa da quella denunciata da Mammola. Secondo il loro racconto, non si sarebbe trattato di un prestito usura, ma di un affare imbastito dallo stesso Mammola e nel quale sarebbero stati coinvolti gli Zappia con un prestito di 50mila euro, grazie al quale avrebbero dovuto guadagnare dopo un anno 20mila euro. Quei soldi, quindi, secondo quanto sostenuto in aula dai due imputati non rappresentavano il capitale di un prestito usurario, ma una quota che faceva degli Zappia dei soci di capitali con Mammola.

Usura o truffa? L’affare sarebbe stato imbastito nel 2008 e già nel 2009 Mammola avrebbe dato ai due presunti soci un assegno come garanzia dell’investimento. Dei soldi prestati e di quelli che avrebbero dovuto ricevere come frutto del loro presunto investimento, però, secondo gli Zappia neanche l’ombra. I due imputati hanno sostenuto che Mammola li avrebbe tranquillizzati sostenendo che i proventi di quell’investimento sarebbero stati investiti nuovamente. Un tira e mola durato fino al 2012, quando alla fine la questione è divenuta di dominio pubblico per la denuncia di Vincenzo Mammola. Una truffa, in sostanza, che sarebbe provata anche dalla prima registrazione fatta da Mammola al primo incontro con il sacerdote di Pino Demasi, che avrebbe dovuto mediare tra le due parti, nel quale secondo gli imputati sarebbe emerso che il rapporto che li legava era di natura economica.

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