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Bevilacqua contro la “truffa” del Reddito di inclusione: ecco cosa non vi dicono

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L’ex parlamentare ed esponente del Movimento nazionale per la sovranità critico sul provvedimento del Governo 

I dati sono quelli che danno forma alla disperazione e su questi si sofferma l’ex parlamentare Francesco Bevilacqua, esponente del Mns. “Dopo la Grecia, l’Italia – spiega – è il paese europeo dove la povertà è aumentata di più dal 2008. Al Sud ci sono più italiani che stranieri nei centri Caritas. Cresce la miseria tra i giovani senza lavoro. La Caritas chiede un piano universale entro il 2020, ma il Governo per tutta risposta mette in campo una misura per soli due anni con fondi insufficienti per affrontare l’emergenza. Con 138 voti a favore, 71 contrari e 21 astenuti il Senato ha infatti approvato la delega al governo sul «reddito di inclusione» (Rei). Si tratta – incalza il sen. Bevilacqua – di una misura categoriale, condizionata all’inserimento lavorativo e sottofinanziata con 1,6 miliardi nel 2017 e 1,8 miliardi nel 2018 che coprirà il 30% dei «poveri assoluti» ed esclude sette persone indigenti su dieci”.

Il Reddito di inclusione. “Il «Rei» – spiega l’esponente del Mns – sarà erogato, in primo luogo, alle famiglie numerose in presenza di figli minorenni, o disabili, a condizione che il capofamiglia accetti di sottoscrivere un «patto» con i centri per l’impiego per l’«attivazione e l’inclusione sociale e lavorativa». Se rifiuterà, o non rispetterà gli impegni contratti con l’«équipe multidisciplinare», creata per seguire il suo «inserimento» lavorativo, sarà sottoposto a una serie di penalizzazioni fino alla perdita del sussidio che può arrivare fino a un massimo di 480 euro a famiglia. Il «Rei», così com’è stato concepito, non garantisce nemmeno l’acquisto del paniere di beni e servizi in grado di mantenere una vita dignitosa. Si tratta di una misura di «workfare», la prima sperimentazione italiana di un sistema di «politiche attive del lavoro» che in Germania è tristemente noto come «legge Hartz IV». Ciò che non funziona è il contenuto della misura, con la solita ragnatela di vincoli così stretti che si finisce per lasciare fuori gran parte dei bisognosi. Per accedere al Rei, infatti, bisogna avere un reddito Isee non superiore ai 6000 euro – un tetto bassissimo, persino inferiore a quello che individua la povertà assoluta – un patrimonio immobiliare mai sopra i 20.000 euro (esclusa la prima casa), non più di 10.000 euro in banca; non bisogna possedere un’auto sopra i 1300 cc immatricolata nei 12 mesi antecedenti la domanda o una moto sopra i 250 cc, immatricolata nei 3 anni precedenti la richiesta”.

Il nodo. Ma, prosegue, Bevilacqua, “ciò che non è noto alla maggior parte dei cittadini è che il Rei viene riconosciuto nella misura massima ai soli nuclei privi di trattamenti assistenziali o con ISR (indicatore della situazione reddituale) nullo. Si tace anche sul fatto che per una misura introdotta ce ne sono due cancellate: la carta Sia (Sostegno all’inclusione attiva) e la carta Asdi (Assegno sociale di disoccupazione). Sbandierato su tutti i media come la novità dell’anno, la panacea di tutti i mali che affliggono questa nazione, quando invece i nostri governanti sanno bene che questa miracolosa soluzione, non è altro che la modifica di alcuni parametri ed il cambio della denominazione della già esistente SIA (sostegno Inclusione Attiva). Il rischio di simili provvedimenti è quello di governare la povertà attraverso la povertà, ingabbiando i soggetti all’interno di una trappola da cui è difficile uscire. «Un pannicello caldo meno che insufficiente»”. Per Bevilacqua, dunque, “il Ddl sulla povertà infatti non risolve il problema in modo strutturale e non lo fa soprattutto in territori come il nostro in cui è difficile attuare la seconda parte della misura che prevede l’inclusione sociale per cui è necessario disegnare una “rete” che metta insieme i servizi sociali e gli altri servizi territoriali (lavoro, salute, scuola, casa), nell’ottica di garantire opportunità per uscire dalla povertà. Dalla qualità di questa «infrastruttura sociale» dipende il futuro dei Rei. Infrastruttura che purtroppo sul nostro territorio manca da sempre. Servono risorse, ma servirebbe anche il personale e l’assunzione degli assistenti sociali necessari per garantire l’attuazione del Rei e di tutta quella rete di servizi necessaria a non ridurre il provvedimento a bonus monetario. Dunque se l’erogazione del sussidio è vincolata all’adesione al progetto, se non ci sono abbastanza assistenti sociali (e oggi non ci sono) quanto ci vorrà per attuare i progetti? I tempi saranno lunghissimi, ma il rischio è che ci siano progetti “fotocopia” che tradiscano lo spirito del Rei. Tutto questo rende il provvedimento scarsamente universalistico e molto “categoriale”. A maggior ragione – conclude – appare assurda la norma che stabilisce che il sostegno non possa andare oltre i 18 mesi, col rischio di tagliare le gambe a chi sta cercando faticosamente di uscire dalla povertà”.

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