Cultura & Spettacolo

NATUZZA | Quelle storie di conversione tra le colline di Paravati

Pagine di fede autentica, destinate – al di là delle contrapposizioni degli uomini – a dare sempre più linfa e vigore al messaggio forte e chiaro della mistica

di VINCENZO VARONE

Ci sono storie che vanno oltre l’umano s correre del tempo. Storie, come le apparizioni della Madonna di Lourdes e di Fatima, destinate all’eternità del pensiero. Gocce di letizia che aiutano a sopportare gli affanni quotidiani del cuore e dell’anima. Storie come quella di Natuzza Evolo, la mistica con le stimmate ritornata alla Casa del padre il primo novembre del 2009, destinate – al di là delle contrapposizioni degli uomini – a dare sempre più linfa e vigore alla forza dirompente della Fede.

Di Natuzza sappiamo che un giorno da piccola mentre la mamma era fuori e lei era sola in casa si presentò alla porta un monaco di alta statura e dagli occhi luminosi. “Noi siamo poveri, non abbiamo neppure il pane, gli disse la bambina, facendogli vedere la cassa vuota. Il monaco le sorrise dicendogli di essere San Francesco di Paola, al quale Natuzza chiese un grazia che fu subito ottenuta”.

E sappiamo anche che giusto qualche anno dopo Fortunata Evolo divenne la protagonista umile e silenziosa di un’esistenza ineramente vissuta per dare conforto ai sofferenti e agli ultimi e con una serie di doni come le emografie, la bilocazione, la preveggenza e i contatti con il mondo dell’aldilà e, in particolare, con Padre Pio di Pietralcina.

Di Mamma Natuzza si è già detto in più occasioni delle sue grandi opere, come la Fondazione, da lei considerata la sua sesta figlia, “la più amata” e del Santuario mariano dedicato al Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime di cui tutti aspettano l’apertura al culto. Ma il resto di questa grande opera sulle strade di Cristo e della Vergine Maria non è possibile coglierla nella sua interezza. Ci riferiamo alla parte più silenziosa e nello stesso tempo più dirompente della sua missione. Quella che viene vissuta e si concretizza ogni giorno nel cuore di tanta gente che dopo avere pregato davanti alla sacra effige della Madonna va a sostare davanti alla sua tomba.

Storie di conversioni, di chiari segni sulla strada da intraprendere, di lampi di luce capaci di rischiarare ogni cosa. Storie che non diventeranno mai patrimonio della telecamere, dei commenti dei tanti esperti, dei taccuini o dei social, ma che resteranno incollate nel cuore di chi le ha vissute resistendo all’usura del tempo e allo scorrere delle stagioni. Storie di fede autentica oltre le superba analisi della ragione e al di là del pittoresco clamore cercato per fare audience. Storie che si incrociano lungo i viali della Villa della Gioia, dove la frase posta sotto il Cristo così recita: “Vi aspettavo nel mio cuore c’è posto per tutti”. E la gente continua ad accorrere nonostante le note vicende per le quali è, al momento, preclusa alla fondazione l’attività di culto e di religione.

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