Cronaca

‘Ndrangheta, il “debutto” del pentito Figliuzzi. Deposizione fiume nel processo ai Patania

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Nuove rivelazioni del collaboratore di giustizia di Gerocarne. Ricostruiti omicidi e tentati omicidi della sanguinosa faida tra la famiglia Patania di Stefanaconi ed i piscopisani

Ha ricostruito movente, dinamiche dei fatti del tentato omicidio Calafati e dell’omicidio Giuseppe Matina il neo pentito Figliuzzi nel duplice processo “Gringia” (in abbreviato e ordinario ) che si sta celebrando in Corte di assise appello a Catanzaro. Rispondendo alle domande del sostituto procuratore generale Salvatore Di Mario, il collaboratore di giustizia ha riferito che Giovanni Battista Bartolotta era sempre presente agli appostamenti e quando non c’era comunque sapeva, scendeva sempre dai Patania a riferire per circa un mese.

L’organizzazione del tentato omicidio Calafati. In particolare, il collaboratore di giustizia si è soffermato su uno dei tentati omicidi della faida del Mesima, non portato a compimento, ovvero, quello di Francesco Calafati. “Bartolotta – ha detto Figliuzzi – andava tutti i giorni a casa dei fratelli Patania per capire meglio come organizzare l’omicidio. Quando poi avevano saputo che Calafati lavorava presso il loro terreno si è organizzato l’omicidio e da qui sono venuti a prendere le armi i fratelli Nicola e Salvatore Lopreiato, armi che avevano ricevuto dai Patania, perché anche i fratelli Lopreiato volevano la morte di Calafati per vendicare la morte di Antonino Lopreiato.  Ci siamo recati nella masseria dei fratelli Lopreiato, io con uno scooter insieme a Salvatore Callea in una strada di campagna per arrivare nel luogo dove lavorava Calafati e c’era anche Giuseppe Patania e Giovambattista Bartolotta per darci il via all’esecuzione. Quando mi sono fermato a casa di Giuseppina Iacopetta e Saverio Patania,  ha saputo che Calafati non era morto si è incazzato con me perché non sono stato capace di ammazzarlo”.

Omicidio Giuseppe-MatinaL’uccisione di Gringia. Non ha glissato il pentito neppure sulla morte di Giuseppe Matina, ucciso nel cortile della sua abitazione chiarendo che è stato organizzato in casa di Salvatore Patania.  “Io ero presente alle riunioni – ha chiarito Figliuzzi – anche se non erano vere e proprie riunioni, perché ci vedevamo tutti i giorni per organizzare omicidi. Matina doveva essere ucciso perché lo ritenevano responsabile della bomba alla Valle dei Sapori, che è un bar, ristorante, distributore di benzina e perché era avversario ai Patania, i quali ritenevano che Matina facesse parte del clan Bartolotta. I mandanti dell’omicidio sono stati i fratelli Patania e cioè Salvatore, Saverio, Giuseppe e Nazzareno. Non c’era bisogno di fare appostamenti per capire come uccidere Matina, perché abitava vicino alla casa dei Patania”. 

Killer e complici. “Si è pensato di andare da lui a volto scoperto – ha proseguito il pentito – per non destare sospetti, con la scusa di comprare un cavallo e quindi sono partiti a bordo di un motorino. Cristian Loielo e Arben Ibrahimi  vanno sul luogo dell’omicidio mentre io e Daniele Bono andiamo a casa di Giuseppina Iacopetta. Prima ancora sono stati incaricati sia Francesco Lopreiato che Andrea Patania al recupero dei due esecutori materiali dell’omicidio. Poi sono passati i carabinieri e il Bono mi ha detto l’omicidio è stato fatto e sono andato a Sant’Angelo di Gerocarne e poi ho saputo anche le modalità dell’omicidio: Cristian Loielo guidava il motorino, Loredana Patania ha aperto il cancello, (lei sapeva che ci sarebbe stato l’omicidio ma non in quale giorno) e Loielo gli ha chiesto dov’è Giuseppe, lo dobbiamo vedere per l’acquisto del cavallo. Matina si è trovato di fronte ai due killer, in quel momento aveva in mano dei mazzettini di fieno. Ibrahimi ha iniziato a sparare, ma la pistola si è inceppata e subito dopo ha preso un’altra pistola e ha incominciato a sparare. Poi hanno preso il motorino e sono andati via”.

Giovanbattista Bartolotta

La reazione di Giovambattista Bartolotta.  Immediata la replica di Giovambattista Bartolotta alle affermazioni del collaboratore di giustizia che lo ha tirato in ballo per il tentato omicidio di Francesco Calafati. “Mente Figliuzzi. Io non tradirò mai la memoria di mio padre, io non metterò mai il piede sulla terra di questa gente. Questo è sicuro presidente della Corte (ndr)”.  Poi si è rivolto direttamente al pentito. “Tu dici  – ha chiarito Bartolotta – che sono andato a casa dei Patania, signor presidente io ci ho la terra attaccata ai Patania, ma non sono mai andato all’azione omicidiaria, non ho partecipato ad azione omicidiaria, tengo a precisarlo. Io, quando è successo questo fatto, ero su un cantiere con delle persone che posso dire i nomi, ci andavo spesso e dico questo convinto della mia innocenza e c’erano delle persone con me, posso fare i nomi e quando mi è venuto a partire la notizia che questo ragazzo Calafati è stato sparato, io non sapevo nulla. Questo ragazzo veniva dal paese ed io scendevo per andare a casa e ci siamo incontrati là sul cantiere e poi ho preso informazioni su quanto accaduto. Io non andrò mai nella proprietà di questi. Ripeto, io la mattina sono stato in questo cantiere, ci andavo spesso e c’erano altre persone come il proprietario, il cognato di Francesco Calafati. Un tale Vincenzo mi ha portato la notizia di quello che era successo al ragazzo, ma io non sapevo nulla”. La prossima udienza del processo “Gringia” è stata fissata per il 28 dicembre. 

Il legale di Loredana Patania. Nel controesame, alle puntuali domande dell’avvocato Andrea Celia, difensore di Loredana Patania Figliuzzi, il collaboratore di giustizia ha risposto che “Loredana Patania sapeva, così come il marito, nel senso che si aspettavano quanto  prima un attentato in quanto il Matina era già stato vittima in precedenza di un tentato omicidio”. Dal controesame del Figliuzzi e dall’intero esame e contro-esame dello stesso reso nel procedimento collegato, a seguito delle domande specifiche delle difese degli imputati “è emerso chiaramente  – ha chiarito l’avvocato Celia – che la causale  dell’omicidio Matina nulla a che vedere con Patania Loredana la quale, chiarisce il Figliuzzi, non sapeva assolutamente nulla dell’omicidio nè sapeva che i cugini Patania lo avevano programmato per i loro scopi personali”.

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