Cronaca

Spaccio di droga a Gioia Tauro, condannati tre dei 5 giovani imputati

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Cadono, però, le accuse  di associazione finalizzata al traffico di droga,  banda armata e l’aggravante delle modalità mafiose

Il gup del Tribunale di Reggio Calabria ha assolto tre dei cinque gioiesi arrestati nell’ambito dell’operazione “Panda”. Cadono, però, le accuse  di associazione finalizzata al traffico di droga,  banda armata e l’aggravante delle modalità mafiose. I tre giovani di Gioia Tauro sono stati condannati solo per due episodi di spaccio.

La sentenza Salvatore Infantino (difeso dagli avvocati Larosa e Zito), a fronte di una richiesta del pubblico ministero di 20 anni di carcere, è stato condannato a 10 anni; 9 anni, invece, sono stati comminati a Francesco Iannì (avvocato Larosa) e 8 a Vincenzo Condello (avvocati Larosa e Copelli). Sono invece stati assolti Vincenzo Severino (avvocato Larosa) e Salvatore Palumbo (avvocati Nocita e Giunta), per i quali erano stati chiesti 10 e 18 anni di reclusione. All’esito della sentenza sono cessate le misure cautelari per tutti gli imputati che, quindi, tornano a piede libero.

Le accuse Le indagini sono state condotte dal commissariato di polizia di Gioia Tauro e dalla Mobile di Reggio Calabria nel periodo che va da novembre 2014 a maggio 2015. Secondo l’impostazione accusatoria era stata ricostruita la struttura di una presunta organizzazione criminale dedita al traffico di stupefacenti, con base operativa nel comune della Piana.

L’indagine Nell’indagine erano stati individuati i componenti, con l’attribuzione specifica di ruoli e compiti. Ai cinque erano stati contestati anche reati in materia di armi.
Lo spunto investigativo era la scomparsa di un giovane di Gioia Tauro (Maurizio Mammoliti), di cui si erano perse le tracce il 30 ottobre del 2014. Le indagini, però, bene presto si erano focalizzate su Vincenzo Condello, cognato del ragazzo scomparso, e su Infantino, Iannì, Saverino e Palumbo, attivi secondo la polizia nel settore del narcotraffico.

Il garage di Gioia Le attività di intercettazione disposte dalla Dda di Reggio Calabria nel corso delle indagini, avevano portato a scoprire l’esistenza di un’organizzazione dedita allo spaccio di droga, che utilizzava come base operativa per gli incontri con gli acquirenti più fidati, un garage di Gioia Tauro. Secondo quanto avevano riferito gli investigatori, all’interno del garage i gioiesi avrebbero nascosto anche armi e munizioni, nonché quantitativi di droga destinati alla cessione agli acquirenti.

I due sequestri Due sequestri di droga, 250 e 308 grammi, operati dagli investigatori il 10 e l’11 aprile 2015, a carico di due acquirenti, aveva fatto scattare una perquisizione nel garage dove erano stati scoperti bilancini di precisione e diluenti per la cocaina.
Nella sentenza, però, il gup non ha ritenuto valide le prove per sostenere l’esistenza di un’associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga, né l’accusa relativa alle armi e all’aggravante mafiosa e condannando tre dei cinque imputati solo per le due cessioni di cocaina che erano state intercettate dagli investigatori.

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