Cronaca

‘Ndrangheta, l’omicidio Canale e lo scambio di killer tra i clan reggini e vibonesi (VIDEO)

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Tre pentiti raccontano i retroscena dell’agguato a Gallico nel 2011 ad opera dei vibonesi. Favore ricambiato un anno dopo con l’omicidio di Fortuna in spiaggia a Vibo Marina

di MIMMO FAMULARO

Nomi e volti noti della ‘ndrangheta “vibonese”. Una passato da killer spietati ed un presente da pentiti le cui rivelazioni hanno permesso agli inquirenti di ricostruire la sanguinosa faida che si è scatenata tra Stefanaconi e Vibo Marina a cavallo tra il 20011 ed il 2012. Collaboratori di giustizia che hanno riempito pagine e pagine di verbali, utili e preziosi anche alla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria a risolvere un omicidio eclatante nell’ambito della guerra di mafia scatenatasi a Gallico tra il 2010 ed il 2011, quello di Giuseppe Canale. 

Vasvi Beluli

Vasvi Beluli

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Arben Ibrahimi

Da killer a pentiti. Le dichiarazioni fornite agli inquirenti dal pentito vibonese Daniele Bono e dai killer dell’Est “assoldati” dai Patania Vasvi Beluli e Arben Ibrahimi hanno contribuito ad identificare i mandanti e gli esecutori materiali dell’omicidio di Giuseppe Canale, avvenuto il 12 agosto del 2011 a Gallico, periferia nord di Reggio Calabria. Daniele Bono, prima di saltare il fosso, era ritenuto uomo di fiducia dei Patania di Stefanaconi e profondo conoscitore dei fatti e dei misfatti della faida con i Piscopisani. Collaboratore di giustizia come Vasvi Beluli e Arben Ibrahimi, i due killer dell’est autori materiali del tentato omicidio di Francesco Scrugli e degli omicidi di Giuseppe Matina, dello stesso Francesco Scrugli e di Davide Fortuna commessi tutti nel giro di pochi mesi tra il febbraio ed il luglio del 2012. 

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Salvatore Callea

Il “reclutatore” di killer. Il punto di contatto tra i clan reggini e quelli vibonesi è Salvatore Callea. Secondo le convergenti inchieste condotte dai carabinieri di Vibo e di Reggio Calabria, è l’uomo che avrebbe reclutato Nicola Figliuzzi e Cristian Loielo per uccidere Canale dopo il no di Vasvi Beluli, Arben Ibrahimi e di Daniele Bono. Sarebbe stato proprio quest’ultimo ad indirizzare Callea verso Figliuzzi e Loielo. Killer vibonesi in azione dunque nel Reggino come racconta Bono in un verbale dell’ottobre 2012 all’allora sostituto procuratore della Dda di Catanzaro, Simona Rossi. Un aspetto interessante dell’inchiesta è proprio lo scambio di killer tra famiglie di ‘ndrangheta. Il favore dei vibonesi, infatti, secondo la ricostruzione dei carabinieri, sarebbe stato ricambiato l’anno successivo, nel 2012, quando, il reggino Sebastiano Malavenda sarebbe stato assoldato da Salvatore Callea per uccidere nella spiaggia di Vibo Marina Davide Fortuna, una delle vittime della faida contro i piscopisani. 

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Daniele Bono

Pentito “attendibile”. A svelare i particolari dell’omicidio Canale dalla fase preliminare di reclutamento dei killer all’esecuzione avvenuta in pieno giorno è il pentito Daniele Bono. “Le sue dichiarazioni – scrive il gip Antonino Foti nell’ordinanza di custodia cautelare – forniscono una ricostruzione estremamente dettagliata sulle varie fasi che portarono all’omicidio di Canale Giuseppe: il collaboratore, infatti, in maniera estremamente chiara attribuisce la responsabilità del fatto di sangue in parola — con riferimento alla sola fase esecutiva dello stesso — a Loielo Cristian, Figliuzzi Nicola e Callea Salvatore. Le stesse dichiarazioni, infatti, appaiono in punto di attendibilità particolarmente aderenti al dato storico”.  Bono riferisce tutti i dettagli dell’azione omicidiaria compiuta e dichiara di aver conosciuto la dinamica dei fatti proprio dalla viva voce dei due esecutori materiali del delitto che indica in Figliuzzi e Loielo. Ma ciò che colpisce è il dettaglio del racconto del delitto, pienamente corrispondente alla ricostruzione dello stesso, operata dalla polizia giudiziaria. Sono evidenziate le particolari modalità esecutive dell’omicidio: il primo ferimento del Canale, il ferimento del passante, l’inseguimento della vittima, il lancio dei contenitori dei rifiuti da parte della vittima nel tentativo di salvarsi, i colpi esplosi e soprattutto il luogo in cui è stata occultata l’arma del delitto (nei pressi di una cisterna, all’interno del parco in zona, ai piedi di uno dei primi alberi del viale, sotto alcuni pezzetti di marmo), arma di cui lo stesso soggetto, indicato come “Turi” dal collaboratore, chiedeva notizia al Loielo alla presenza dello stesso collaboratore Bono, nella fase successiva in cui doveva completarsi il “pagamento”, secondo quanto pattuito, per l’azione delittuosa compiuta. Il racconto di Bono viene quindi definito “formidabile”.

‘Ndrangheta, killer vibonesi “ingaggiati” dai clan reggini per un omicidio a GallicoL’agguato. Canale doveva essere ucciso a tutti i costi: “Se non muore – era stato raccomandato ai due killer – questo ci ammazza a tutti”. Nicola Figliuzzi e Cristian Loielo entrano in azione nel primo pomeriggio del 12 agosto del 2011. Si presentano con uno scooter davanti al bar dove incrociano la loro “preda”. Lo riconoscono da una maglia, ma lui riconosce anche il loro intento e tenta la fuga. “Sto Cristian – racconta Bono – doveva accorgersi che si è fermato a due metri dal… doveva puntare la pistola sulla testa, lui l’ha preso in una gamba, gli ha sparato cinque, sei colpi con sto revolver 38… Era dietro Nicola con due caschi e gli spara, prende pure un vecchio, un passante. Sto Giuseppe Canale si alza e se ne va, se ne scappa ferito alla gamba e Nicola l’ha seguito a piedi perché non lo doveva lasciare vivo, quindi ha lasciato Cristian là… Allora sto Canale correva nella via, nel vialone, no? …e gli butta i bidoni quelli dell’immondizia quelli di plastica in mezzo alla strada. Nicola lascia il motorino… Giuseppe, dice, che gli sembrava che era caduto con il motorino e si è girato, come si è girato Nicola lo ha sparato in testa, sì, dopo si è avvicinato là e gli ha buttato tutti i colpi addosso”.

Killer spietati. Secondo il racconto del pentito, i colpi di grazia li spara dunque Nicola Figliuzzi con una calibro 9×21. Cristian Loielo nel frattempo se ne scappa a piedi nascondendo la pistola. «Poi Cristian – aggiunge Bono – è riuscito ad andarsene a piedi, ha nascosto la pistola in un posto… in un parco di cui mi ha fatto vedere dopo nel mese di ottobre, mi fa: “Andiamo a prendere…?” No, siamo andati là… sì, siamo andati là e mi fa: “Ora che ti faccio vedere dove sono andato…” Mi ha fatto vedere da dove se n’è andato e fa: “L’arma l’ho messa là in quel posto là…” Faccio: “Vabbè, lasciala là…” E’ depositata su un albero, pure il casco».

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