Cronaca

Violentata per anni dallo zio sotto lo sguardo della madre, era povera ma solo una bimba

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La giovane oggi maggiorenne che ha denunciato quanto subito avrebbe subito violenza dal 2004 al 2010: il caso ricostruito dai carabinieri. Disposto il rinvio a giudizio per i familiari

Le ferite della violenza non hanno età, fanno male. Sempre. Ma ci sono occhi che non dovrebbero vederle mai, mani che non dovrebbero sentirle mai. Perché un’infanzia rubata è una vita spezzata. Fa male la violenza su un adulto, su un uomo o una donna. Ma è un dolore che non conosce né spazio né tempo la violenza su un bambino. Lei era piccola, troppo piccola per capire. Non poteva capire di quell’orco che le stava accanto. Non poteva capire di quella madre, che madre non era. È una storia di soprusi e violenza, quella che arriva dall’entroterra al confine tra Aiello Calabro e Amantea. Una storia di quelle che nessuno dovrebbe raccontare mai. Una storia che nessuno dovrebbe vivere mai. Una vicenda che si è consumata tra il 2004 e il 2010, quando lei ad appena 10 anni aveva dovuto sentire addosso il peso di una vita fatta di violenza. Un incubo, dal quale forse non si sveglierà mai, ma dal quale i carabinieri l’hanno salvata, spezzando quella catena di soprusi che della vita, a lei così piccola, non le avevano fatto conoscere il vero volto.

La vicenda. Due rinvii a giudizio. Parte dalla fine, la storia terribile ricostruita attraverso una complessa e delicata indagine dai carabinieri di Amantea e Aiello Calabro, coordinata dalla Procura di Paola. Un’inchiesta minuziosa, che ha consentito di rimettere insieme i tasselli di una vicenda che ha portato al rinvio a giudizio, disposto dal gup di Paola, della mamma e dello zio di una giovane oggi maggiorenne che ha deciso di denunciare quanto subito. Oggi ragazza, cresciuta troppo in fretta. Bisogna, infatti, andare dietro nel tempo per riavvolgere i fili di una storia iniziata nel 2004 quando a soli dieci anni quella bambina aveva iniziato a subire le attenzioni dello zio materno. Abusi sessuali che si sarebbero consumati con il placet della madre e intorno ai sedici anni, per come denunciato dalla ragazza, lo stupro. La madre talvolta avrebbe anche assistito a quanto accadeva, senza intervenire, senza ricordarsi di quell’anima ferita, a cui aveva dato la vita.

Il prezzo. La violenza, gli abusi sessuali erano il “prezzo” da pagare per il mantenimento, in base alla ricostruzione effettuata. Questo il ricatto di uno zio che manteneva la famiglia povera e disagiata e al quale la madre avrebbe deciso di sottostare. Un pezzo di pane che diventa lo strumento, che oggi porta a processo madre e zio. L’altra faccia della povertà, materiale e culturale. Un’infanzia rubata, ferita, segnata per sempre. Perché la povertà ha avuto un prezzo troppo alto. Non sarà un processo a ridarle quegli anni. Gli anni della spensieratezza, gli anni in cui non si deve avere paura, in cui la casa e la famiglia sono il riferimento, l’abbraccio che protegge. Perché una carezza è amore. Non per lei. Oggi, forse, la speranza di ripartire. Per lenire quelle ferite che mai si chiuderanno, ma che oggi qualcuno proverà a curare.