Cronaca

I verbali del pentito Dimasi sui clan di Laureana e Vibo e l’avvocato “colluso”

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Le inedite rivelazioni del nuovo collaboratore di giustizia che fa tremare le cosche della piana di Gioia Tauro. I suoi affari con Marco Ferrentino e l’estorsione delle cosche vibonesi 

di FRANCESCO ALTOMONTE

“lo sono un imprenditore che è entrato in affari la ‘ndrina di Laureana…Voglio rifarmi una vita, lontano dai contesti mafiosi”. E’ il primo approccio di Giuseppe Dimasi con la Distrettuale antimafia di Reggio Calabria, primo passo nella sua collaborazione con la giustizia. Il giovane di Laureana di Borrello, finito nell’inchiesta dell’antimafia di Reggio Calabria denominata “Lex”, alla vigilia dell’udienza preliminare davanti al gup del Tribunale di Reggio Calabria, decide di saltare il fosso e inizia a parlare con l’ufficio di procura reggino. Tra i 48 imputati per i quali la procura distrettuale ha chiesto il rinvio a giudizio e accusati di fare parte, a vario titolo, delle cosche “Ferrentino-Chindamo” e “Lamari”, c’è anche Dimasi.

Giuseppe Dimasi

Imprenditore per il clan “A Laureana esistono due diverse articolazioni ndranghetistiche Chindamo-Ferrentino e Lamari-Silvano-Ciancio. Ferrentino Marco si fidava molto di me. Io mi occupavo delle imprese della ndrina Chindamo-Ferrentino…Portai Marco Ferrentino a Voghera. Io non appartenevo ad una famiglia ndrangheta. Mio padre è un semplice muratore e mia madre faceva la bidella”. Dimasi racconta in breve ai magistrati del trasferimento della sua famiglia a Voghera quando lui aveva 13 anni, dei primi problemi con la giustizia, gli 11 mesi trascorsi in carcere e poi l’inizio della sua carriera di imprenditore. Il buon inizio, poi tra il 2012 e 2013 l’inizio dei problemi economici che lo riportano a Laureana.

Ferrentino Marco

Marco Ferrentino

L’incontro con Ferrentino “Nell’agosto e settembre 2013 trascorsi un periodo in Calabria. Incontrai Ferrentino Marco al bar… Di lui sapevo che ero nipote dei Chindamo…A Marco Ferrentino raccontai dei miei problemi. Marco mi propose di aprire una società con un prestanome che avrebbe trovato lui. Io colsi la balla al balzo. Decidemmo pertanto di avviare un’attività insieme. Incontrai Lamanna Francesco, che è mio parente alla villa di Bellantone e anche lui cercava lavoro, chiedendomi aiuto. Gli dissi che era mia intenzione avviare un’attività con Marco. Lui si propose di fungere da prestanome. Organizzai un incontro io con Marco e Lamanna Francesco. 

L’accordo “Dai dialoghi, però, mi sono subito reso conto che Lamanna Francesco e Marco Ferrentino avevano già parlato di questo progetto – spiega Dimasi – Ci accordammo sul fatto che Lamanna da prestanome avrebbe percepito un compenso di 2000 euro al mese, nonché vitto e alloggio pagati da me e da Marco. In quel periodo, io vedevo spesso Ferrentino Marco, Signorello José, Ferrentino Alessio u stoccaru e Pititto Giuseppe”. 

La nascita della “Dimasi costruzioni” “Da allora ogni volta che scesi fui ospite nella casa di Marco Ferrentino in piazza San Rocco a Stelletanone. Iniziai a frequentare stabilmente anche i parenti di Marco Ferrentino. Dopo la vacanza dell’anno 2013, tornai a Voghera e ero contento perché pensavo di avere trovato la soluzione ai miei problemi. Dopo una settimana circa, Marco Ferrentino salì a Voghera…Dopo l’arrivo di Lamanna, fissavo l’appuntamento presso lo studio Gorini di fronte al Tribunale di Voghera e avviammo la ditta individuale Dimasi costruzioni, che modificai in un secondo momento”. 

L’amico avvocato “In quei giorni – aggiunge Dimasi – Marco mi disse “ora ci troviamo il lavoro. Chiamo un amico Tonino Digiglio, che ha un amico avvocato”. Faceva riferimento all’avvocato Chindamo. Digiglio ci procurò il numero di telefono del legale. Andammo a trovarlo allo studio in via Settembrini. Si capiva dal tipo di studio che Nico Chindamo come avvocato aveva fatto strada a Milano. Ad un certo punto Marco gli chiese “ti hanno ancora creato problemi?”, rivolto al difensore. L’avvocato rispose “no grazie mille. Ora tutto a posto”. Marco gli chiese se ci potesse aiutare a trovare Iavoro e l’avvocato Chindamo disse che aveva bisogno lui di fare dei lavori allo studio”.

“Lo tengo per le palle” “Nel viaggio di ritorno, Marco Ferrentino si vantava e diceva “hai visto come lo tengo per Ie palle?”, riferito all’vvocato. Chiesi a cosa si riferisse. Marco mi disse che il fratello dell’avvocato Chindamo aveva acquistato una farmacia all’asta nella provincia di Vibo Valentia e aveva avuto problemi con le cosche del vibonese. Marco mi specificò che la farmacia apparteneva a una persona vicina alle cosche del vibonese e che le cosche avevano interpretato come offesa il fatto che la farmacia fosse stata rilevata da terzi”.

Gli “animali” vibonesi “Ferrentino Marco – continua Dimasi – mi aggiunse che i mafiosi del vibonese avevano preso contatti con lui avendo pensato che chi aveva acquistato avendo cognome Chindamo fosse un suo parente. Ferrentino mi disse che i mafiosi del vibonese erano di rilievo. Li definì “animali”. Non so dire i nominativi perché non li fece. Aggiunse che si sarebbe preso carico della situazione. Seppi che il fratello dell’avvocato Chindamo ha dovuto pagare una tangente, al di fuori della cifra di acquisto della farmacia. Ferrentino mi disse che la diede alle cosche del vibonese e l’intervento di Marco serviva per evitargli ulteriori problemi. In realtà non so se Marco abbia invece trattenuto la somma”. 

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