Inceneritore e depuratore, gli atti sul clan Piromalli al vaglio del gip di Palmi

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Il Tribunale di Palmi dovrà decidere se convalidare il fermo emesso dallaDda e se confermare l’arresto in carcere per gli indagati

di FRANCESCO ALTOMONTE

L’inchiesta “Metauros” approda domattina al gip del Tribunale di Palmi. Il giudice per le indagini preliminari dovrà decidere sul fermo emesso nella giornata di ieri dalla procura distrettuale di Reggio Calabria con il quale ha mandato in carcere 7 persone accusate di essere legate al clan Piromalli di Gioia Tauro. Il Tribunale di Palmi dovrà decidere se convalidare il fermo e se confermare l’arresto in carcere per gli indagati. 

Clan&rifiuti L’inchiesta “Metauros” condotta dalla polizia  ipotizza per la prima volta, il forte interesse del clan Piromalli per il business legato al “ciclo dei rifiuti”, avrebbe accertato come la costruzione e la gestione dell’unico inceneritore presente in Calabria, in contrada Cicerna a Gioia Tauro, abbia risentito del continuo condizionamento del clan Piromalli. La cosca, che secondo l’accusa farebbe capo in questo momento storico a Gioacchino Piromalli classe ’69, ha condizionato anche la gestione del depuratore di Contrada Lamia di Gioia Tauro, gestito dalla “Iam” (Iniziative ambientali meridionali spa), società che, secondo quanto sarebbe emerso dell’indagine parallela dei carabinieri, è stata anch’essa sottoposta a estorsione. 

Rosarno dell’Emilia… Lo spunto investigativo parte da una intercettazione ambientale captata nel 2009 a Granarolo dell’Emilia. Uno dei conversanti è uno dei pezzo grossi della cosca Bellocco di Rosarno. Carmelo Bellocco stava finendo di scontare la sua pena in Emilia, ma la casa che lo ospitava era stata trasformata nella sua base operativa. Dalle intercettazioni la squadra mobile di Reggio Calabria e la procura antimafia riescono a capire quali sono i nuovi assetti del clan rosarnese, gli affari gestiti in Calabria e nel resto d’Italia, il momento di fibrillazione vissuto con il clan alleato dei Pesce. Da quella indagine nascerà l’inchiesta “Vento del nord”, che azzererà la cosca Bellocco, ma gli inquirenti troveranno anche altri spunti investigativi che, ieri, dopo anni di indagine, confluiranno nell’operazione “Metauros”.  

Sistema criminale In una di quelle intercettazioni, Bellocco metteva in relazione Gioacchino Piromalli (alias “l’avvocato”) con l’inceneritore di Gioia Tauro e un soggetto di nome Domenico Pisano. Ciò prospettò la possibilità agli inquirenti di attualizzare la dimensione organizzativa degli interessi economico-mafiosi legati al “ciclo dei rifiuti”. In tale ottica, perciò, si ritenne quanto mai verosimile l’interessamento da parte della cosca Piromalli – attraverso la gestione indiretta del Termovalorizzatore di Gioia Tauro – considerato che le pregresse indagini avevano fornito un bagaglio conoscitivo utile a comprendere la loro capacità di penetrazione nei settori imprenditoriali, soprattutto attraverso il sostegno di numerosi parenti e accoliti.

Gli imprenditori Piromalli Sulla base di una articolata attività di intercettazione effettuata dagli investigatori della Mobile di Reggio Calabria gli investigatori credono di avere individuato l’operatività dei fratelli Domenico, Giuseppe e Paolo Pisano che, in considerazione delle opportunità presentatasi con la realizzazione dell’inceneritore – che per gli inquirenti furono i Piromalli a farlo costruire a Gioia Tauro – havrebbero attuato un progetto imprenditoriale ponderato dalle cosche locali, partecipando già ai lavori di edilizia nella fase di costruzione dell’impianto, svolgendo, come ditta individuale, l’originaria attività di carpenteria e successivamente entrando a far parte delle imprese in possesso degli appropriati requisiti, necessari per poter operare nel settore specifico del “ciclo rifiuti”.

E le multinazionali pagano L’averlo fatto costruire a Gioia e controllarlo in maniera indiretta, attraverso la società dei Pisano, non sarebbe bastato ai Piromalli. La famiglia gioiese, infatti, sostengono dall’antimafia, avrebbe anche imposto il pizzo alle due società che hanno gestito l’inceneritore in questi 13 anni, i colossi Termomeccanica e Veolia: le dichiarazioni di alcuni funzionari delle due società andrebbero a confermare questa ipotesi accusatoria: «Per il quieto vivere….per l’ambiente facciamo così …e non se ne parla più» ha dichiarato agli inquirenti Romolo Orlandini, responsabile di Termomeccanica, nel tentativo di spiegare l’atteggiamento dell’azienda. Orlandini avrebbe incontrato La Valle in occasione della trattativa inerente i servizi di trasporto. È stato proprio l’ex sindaco – ha detto il dirigente della multinazionale – a mettere sul piatto la richiesta estorsiva. «Mi è stato detto: “Però, su questa cifra bisognerebbe mettere un qualcosina”. È stata una cosa molto vaga… uso il termine che è stato usato… “per l’ambiente”». E la società che gestiva l’impianto pagava la tangente attraverso la sovrafatturazione delle spese per il trasporto dei rifiuti.

Fanghi tossici A essere sottoposta al pagamento della tassa ambientale sarebbe stata anche la Iam (Iniziative ambientali meridionali), al società che gestisce l’impianto di depurazione  con sede a Gioia Tauro. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, l’impresa di trasporto avrebbe creato un sistema di “fondi neri” per pagare la la tangente ai Piromalli, seguendo lo stesso schema attuato all’inceneritore. Una spesa extra che i vertici della Iam, però, avrebbero coperto, secondo la procura Reggina, attraverso la smaltimento illecito dei fanghi di depurazione per la produzione di compost per usi agricoli. Per questo sotto indagine sono finiti dirigenti e tecnici della Iam, accusati  di associazione finalizzata al traffico illecito di rifiuti, .  Sono stati raggiunti da avvisi di garanzia l’ex amministratore delegato della Iam Domenico Mallamaci e dei suoi successori, Domenico Arcuri e Andrea Massimo Bolognesi; il presidente del cda Giuseppe Fragomeni, il componente del cda Francesco Giugno; il responsabile tecnico dell’impianto Carmelo Calabrò e la responsabile tecnica della Iam con delega alla normativa ambientale, Maria Rosa Bertucci.

Al vaglio del gip Domattina toccherà al gip esprimersi per primo sulla ricostruzione dei fatti e sulla fondatezza delle accuse mosse dalla Dda di Reggio Calabria.