Cronaca

Juventus, Agnelli estraneo a rapporti con clan ma condannato a 1 anno di inibizione

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Secondo lo stesso Tribunale Figc, la difesa di Agnelli, basata sulla totale estraneità ai fatti, non può ritenersi fondata

“Il Tribunale Federale Nazionale-Sezione Disciplinare, rigettate le eccezioni preliminari ha accolto parzialmente il deferimento proposto dal Procuratore Federale e, per l’effetto, in parziale ridefinizione delle richieste formulate ha disposto” un anno di inibizione per il presidente della Juventus Andrea Agnelli. Così si legge nel comunicato stampa diramato dalla Figc. Contro il numero uno bianconero anche un’ammenda di 20mila euro e 300mila per la società sportiva. La Procura federale aveva chiesto 30 mesi di inibizione per il presidente e due turni a porte chiuse per la società.

Gli altri indagati Il Tribunale federale ha condannato a un anno di interdizione anche l’ex direttore commerciale della Juventus Francesco Calvo, Stefano Merulla, ex responsabile del ticket office,, mentre Alessandro Nicola D’Angelo (security manager): 1 anno e 3 mesi di inibizione.

La motivazione “L’imponenza del tema generale afferente ai rapporti tra le società e i tifosi (oltremodo attuale poiché da sempre all’attenzione della FIGC, che lo ha focalizzato con assoluta meticolosità ai fini del mantenimento dell’ordine pubblico), è stato dettagliatamente esaminato nell’indagine in questione – grazie anche al supporto probatorio fornito dall’indagine penale condotta dalla Procura della Repubblica di Torino – all’esito della quale sono emersi elementi di chiara colpevolezza a carico degli odierni deferiti, e, conseguentemente della società”, si legge nella sentenza del Tribunale Figc”.

Rapporti con il clan Secondo lo stesso Tribunale Figc, la difesa di Agnelli, basata sulla totale estraneità ai fatti, non può ritenersi fondata. Il presidente bianconero non avrebbe fatto «nulla per evitare il perpetrarsi di tali gravissime condotte», si legge nel dispositivo della Figc. Sulla presunta frequentazione di Agnelli con Rocco Dominello, considerato rappresentante della cosca Pesce-Bellocco di Rosarno in Piemonte, il Tribunale «è giunto alla determinazione che tale frequentazione avvenne in maniera decisamente sporadica ma soprattutto inconsapevole con riferimento alla conoscenza del presunto ruolo malavitoso dei soggetti citati”. 

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