Politica

Relazione semestrale della Dia: “Così la ‘ndrangheta gestisce le risorse pubbliche”

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Le cosche calabresi sono sempre più potenti e al loro servizio ci sarebbero dirigenti, funzionari pubblici e imprenditori che garantiscono appalti milionari

“La componente apicale segreta ha permesso alla ‘Ndrangheta, attraverso la condivisione di comuni obiettivi con la cosiddetta area grigia, di poter manovrare ingenti capitali e di praticare una sistematica opera corruttiva, tale da influenzare le scelte amministrative e acquisire consistenti risorse pubbliche”. E’ quanto afferma la Dia nella relazione al Parlamento, definendo la mafia calabrese “un fenomeno complesso, strettamente correlato alla corruzione”.

Struttura su più livelli.  La ‘ndrangheta non è più “un insieme di cosche ‘monadi’, ma un tutt’uno solidamente legato, con un organismo decisionale di vertice ed una base territoriale”.  Al vertice di questa struttura gerarchicamente organizzata secondo la Dia “si pone il cd. ‘crimine’ o ‘provincia’ sovraordinato a quelli che vengono convenzionalmente indicati come ‘mandamenti’, che insistono sulle tre macro aree geograficamente individuabili nella ‘ionica’, ‘tirrenica’ e ‘centro'”. Da questi assetti viene fuori “una struttura dalla duplice faccia: una moderna, fluida, versatile ed in grado di aggiornarsi e cogliere ogni occasione di profitto, l’altra dal carattere arcaico, fatta di regole, gradi, prassi, formule, giuramenti, santini e sangue, che unisce e rinsalda il sistema”

Il comitato d’affari. E’ stata dimostrata “l’esistenza di un comitato d’affari, composto da dirigenti, funzionari pubblici e imprenditori, capace di gestire la macchina amministrativa comunale nell’interesse della ‘Ndrangheta che riusciva a orientare, aggirando ed eludendo la normativa antimafia, la concessione di appalti multimilionari e la gestione delle risorse. Un’organizzazione mafiosa – osserva la Dia – versatile, opportunista, affarista, oggi proiettata all’accumulazione rapida della ricchezza con operatività diversificate che, conscia di poter manovrare ingenti capitali ed influenzare le scelte amministrative, ha molto attenuato soprattutto fuori dai territori d’elezione le tradizionali manifestazioni violente di potere”.  La mafia calabrese prospera grazie a un “connubio tra cosche e professionisti, specie di quelli operanti in settori ad alta redditivita’ – come la grande distribuzione, l’immobiliare e quello turistico-alberghiero – e i forti addentellati con esponenti della pubblica amministrazione”, ma continua a mantenere come “principale fonte di finanziamento”, il traffico internazionale di stupefacenti, e “una pressante azione usuraria ed estorsiva”.

Le giovani leve. Tra le  ‘tendenze’ che emergono dalla relazione semestrale della Dia c’è la volontà della cosiddette “giovani leve” della criminalità mafiosa di scalzare i vecchi padrini e conquistare i vertici delle rispettive organizzazioni.  Una tendenza comune a Cosa nostra, alla camorra, alla criminalità organizzata pugliese e, in parte, anche alla ‘ndrangheta.