La strategia stragista di Cosa Nostra, le trattative con la ‘ndrangheta e il summit di Nicotera

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Dopo gli attentati a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, nell’estate del 1992 ci fu un incontro tra boss organizzato dai Mancuso in un villaggio turistico del Vibonese. Il racconto dei pentiti 

Sembra destinata a riscrivere la storia degli ultimi venti anni l’inchiesta coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia che ha fatto luce sugli attentati ai carabinieri compiuti tra il 1993 ed il 1994 in provincia di Reggio Calabria. Secondo quanto emerge dall’indagine ci sarebbe stato un vero e proprio patto eversivo suggellato da esponenti di Cosa Nostra e della ‘ndrangheta reggina dietro gli agguati costati la vita agli appuntati Vincenzo Garofalo e Antonino Fava, uccisi lungo l’A3 nel tratto tra Bagnara e Scilla il 18 gennaio del 1994.

Luigi Mancuso

Luigi Mancuso

Il summit a Nicotera. In particolare, esponenti di Cosa Nostra e ‘ndrangheta si sarebbero incontrati in Calabria dopo gli attentati in cui persero la vita i magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Uno dei summit raccontati dai magistrati della Dda di Reggio Calabria nelle carte dell’inchiesta denominata “’Ndrangheta stragista” si sarebbe tenuto a Nicotera Marina, all’interno del villaggio turistico “Sayonara”, organizzato dalla famiglia Mancuso di Limbadi, vicina a quella dei Piromalli, egemone nella piana di Gioia Tauro. Non proprio un inedito perché di questa riunione hanno parlato, a più riprese, diversi pentiti confermando anche il tema dell’incontro: la strategia stragista di Cosa Nostra. Secondo quanto dichiarato dal pentito Franco Pino il summit al “Sayonara” si svolse nell’estate del 1992 e lui stesso disse di essere stato invitato dal padrone di casa, il boss Luigi Mancuso che, all’apparenza, quell’incontro l’avrebbe organizzato “per far conoscere agli amici Franco Coco Trovato”. “Al pranzo – dichiarò in aula a Vibo nel corso del processo Genesi il pentito cosentino – ci recammo io, Santo Carelli da Corigliano, Cataldo Marincola e Giuseppe Farao di Cirò; io sono andato per fatti miei con Umile Arturi. Una volta lì mi incontrai con un nipote di Mancuso, tale Pantaleone, con lo stesso Luigi Mancuso, con Nino Pesce, Franco Coco Trovato e un figlio della buonanima del boss Paolo De Stefano”. Al tavolo c’erano, insomma, tutti i capi delle consorterie criminali calabresi. “C’erano state persone di Palermo – aggiunse Pino – che io non so indicare perché non mi sono stati fatti i nominativi, che avevano invitato personaggi della ‘ndrangheta calabrese a unirsi a loro per perpetrare degli attentati a obiettivi istituzionali”. Alla proposta, ricorda ancora Pino, non vi furono “reazioni vere e proprie”: “Io ho avuto modo di discuterne con Mancuso che non condivideva questo tipo di strategia. Per quanto concerne gli altri partecipanti alla riunione si facevano più che altro ipotesi, non è niente di certo, niente di affermativo”. C’è da precisare che Luigi Mancuso è estraneo all’inchiesta “‘Ndrangheta stragista” e che dagli atti non risulta essere indagato, ma definito semplicemente “persona di interesse investigativo”.

Gli altri summit. Altre riunioni si sarebbero tenuti nella zona del “mandamento tirrenico” della ‘ndrangheta, nella piana di Gioia Tauro, tra Rosarno e Oppido Mamertina, in ambiti territoriali sottoposti alla giurisdizione criminale dei Mancuso, dei Piromalli, dei Pesce e dei Mammoliti. Cosa Nostra, ipotizzano i magistrati, aveva indirizzato proprio ai Piromalli-Molè, con i quali i rapporti erano strettissimi, la richiesta di promuovere gli incontri “in vista di una adesione generalizzata della ‘ndrangheta alla strategia stragista che Cosa Nostra aveva deciso di intraprendere”. A parlare di questi incontri fu qualche anno fa nell’ambito del maxi processo Meta, un altro pentito, Nino Fiume, il killer di fiducia della famiglia De Stefano. Anche qui emerge l’intenzione di Cosa Nostra di coinvolgere la ‘ndrangheta nella strategia stragista. “Era il periodo – ha spiegato Fiume – delle stragi di Roma, Firenze, Falcone e Borsellino erano stati uccisi”. La prima riunione, quella di Rosarno, avvenne all’hotel Vittoria: “In quella occasione  –  ricorda – c’erano i siciliani. Per i calabresi c’erano Carmine e Giuseppe De Stefano, Franco Coco, il suo braccio destro, Nino Pesce. Forse qualcuno dei Bellocco. Pietro Cacciola, che frequentava Coco Trovato a Milano”. La seconda riunione, di poco successiva, Nino Fiume la colloca in provincia di Vibo Valentia, in un villaggio turistico. Non a Nicotera Marina, ma a Parghelia: “Eravamo – ha dichiarato – al residence Blue Paradise di Parghelia. Franco Coco voleva stringere il cerchio attorno a Pasquale Condello, bisognava chiarire il progetto dei siciliani e c’era anche un traffico di droga da definire. C’erano presenti Luigi Mancuso, Peppe De Stefano, Peppe Piromalli, Pino Pesce, e Coco Trovato”. Sono comunque diversi i collaboratori di giustizia che avrebbero raccontato di queste riunioni. Alle loro dichiarazioni la Squadra Mobile avrebbe cercato riscontro attraverso intercettazioni telefoniche, ambientali e di altra natura.

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