Cronaca

‘Ndrangheta, la mappa dei clan nel Vibonese secondo la relazione semestrale della Dia

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Per la Direzione investigativa antimafia la provincia di Vibo è un territorio storicamente piegato alla cosca Mancuso ma soggetto a vuoti di potere e lotte intestine

Sono due le pagine che la Direzione investigativa antimafia dedica alla provincia di Vibo Valentia nella consueta relazione semestrale. Per la Dia un territorio storicamente piegato alla cosca Mancuso, ma che nell’ultimo decennio ha registrato vuoti di potere dovuti a lotte intestine al clan, enfatizzati dalla guerra di mafia scoppia tra cosche da sempre considerate satellite, il gruppo dei Patania di Stefanaconi e il sodalizio dei “Piscopisani”, facenti capo alla famiglia Fiorillo. “È a questa situazione di conflittualità – si legge nella relazione riferita al secondo semestre del 2016 – che andrebbero ricondotti gli episodi omicidiari degli ultimi anni”.

I Mancuso e le ramificazioni nel Nord Italia. Secondo quanto si legge nel report, i Mancuso di Limbadi “continuano a palesarsi come una complessa galassia criminale capace di operare ben oltre i confini regionali e nazionali, in specie nel settore del traffico di stupefacenti, ma anche e soprattutto in grado di penetrare e controllare gangli della Pubblica Amministrazione, finanche in Lombardia”. Sotto questo profilo la Dia sottolinea, l’operatività dei referenti gruppi “De Luca-Stagno”, in provincia di Monza, specialmente nella zona tra Seregno e Giussano. Si segnalano quindi le presunte ingerenze del gruppo Di Grillo-Mancuso nelle regionali del 2010 e nell’amministrazione comunale di Sedriano, provincia di Milano, ma la “scalata” di un imprenditore nativo di Nicotera, attivo nei settori turistico-alberghiero, immobiliare e della ristorazione, collegato alla cosca dei Piromolli, che è riuscito a proiettare i propri interessi oltre la Calabria, accumulando un patrimonio di 50 milioni di euro “anche grazie ai legami con i Mancuso e i Coco di Milano”. 

Vibo e l’hinterland. Per il resto la mappa geo-‘ndranghetistica non sembra aver subito grossi mutamenti. Nella città di Vibo sono sempre presenti le famiglie riconducibili ai Lo Bianco e nella zona marina operano – secondo gli investigatori della Dia – i “Mantino-Tripodi”, entrambe con proiezioni oltre regione. “Permarrebbe, poi, – si aggiunge – l’operatività delle famiglie dei Petrolo, dei Patania e dei Bonavota nei territori di Sant’Onofrio, Maierato e Stefanaconi”. La relazione  l’importante ed attuale ruolo che la provincia va assumendo nel panorama nazionale del traffico internazionale di stupefacenti, settore che palesa emergenti interessi da parte dei gruppi Pititto-Prostamo-Galati di Mileto, Fiarè-Gasparro-Razionale di San Gregorio d’Ippona e San Calogero.

La altre zone. Sulla costa permangono le cosche satellite dei Mancuso: da Briatico a Tropea sono operative le famiglie Accorinti-La Rosa mentre più a nord del litorale, nei comuni di Pizzo e Francavilla Angitola, è attiva la famiglia Fiumara. “Nella zona delle Serre (comuni di Soriano, Sorianello e Gerocarne) il tentato omicidio di un soggetto del soccombente gruppo Loielo – si rimarca – dimostrerebbe la perdurante contrapposizione con gli Emanuele, alleati rispettivamente con i Ciconte e gli Idà”. Su Filadelfia insiste, invece, la cosca Anello-Fruci mentre a Serra San Bruno, le dinamiche criminali si legano alle vicende attinenti alla famiglia Vallelonga, i cosiddetti “viperari”, la cui allocazione in posizione strategica, a cavallo delle province di Vibo Valentia, Catanzaro (zona del basso Jonio soveratese) e Reggio Calabria (Valle dello Stilo), le ha consentito di espandersi da ovest a est, sino al territorio di Guardavalle, in località Elce della Vecchia, zona d’influenza della famiglia Novella. Famiglia, quest’ultima, notoriamente contrapposta, nello scontro armato della cosiddetta “faida dei boschi”, ai Gallace di Guardavalle, un tempo alleati.

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