Cronaca

‘Ndrangheta, relazione semestrale della Dia: “Ecco chi comanda nel Reggino”

mappa-cosche-mandamento-tirrenico.png

Il report della Direzione investigativa antimafia si riferisce al semestre 2016. L’analisi nei tre mandamenti reggini: “Centro”, “Tirrenico” e “Ionico”

Per anni notoriamente contrapposte ed ora federate. Un pax mafiosa che segna una svolta nella strategia della ‘ndrangheta sempre più proiettata nella gestione imprenditoriale delle attività economiche. E’ uno dei passaggi salienti della relazione semestrale della Dia, la Direzione Investigativa Antimafia, riferita al secondo semestre 2016, nella parte in cui vengono analizzate le dinamiche criminali della provincia reggina, suddivisa sempre in tre macro aree: “mandamento centro”, “mandamento tirrenico” e “mandamento ionico”.

Reggio centro. Le pronunce giudiziarie e gli esiti investigativi che hanno caratterizzato l’azione di contrasto alla ‘ndrangheta nel 2016, hanno posto un tassello importante nella qualificazione della strategia complessiva delle cosche reggine, evidentemente orientate verso un processo di consolidamento verticistico della struttura. “A Reggio Calabria – si legge nella relazione della Dia – è confermata la primazia dei casati di ‘ndrangheta storicamente egemoni, quali De Stefano, Condello, Libri e Tegano, così come emerso già nel passato con l’operazione “Meta”, che aveva fatto luce sull’esistenza di un direttorio mafioso, costituito dalle figure apicali di tali famiglie, sovraordinate alle altre”. Nella ritrovata pax mafiosa le cosche fanno affari e infiltrano il tessuto produttivo locale e non solo. “È nel solco di questa importante ricostruzione investigativa – annotano gli investigatori della Dia – che si collocano le inchieste “Mamma Santissima” e “Reghion”, disvelando l’operato di un comitato d’affari, partecipato anche da funzionari infedeli, in grado di condizionare ed incidere sull’operato e l’efficienza della Pubblica Amministrazione”. Inchieste che hanno svelato una rete “riservatissima” di rapporti confermando l’esistenza della “Santa”, prima struttura direttiva “segreta” della ‘ndrangheta, caratterizzata da regole speciali in grado di rimuovere e superare, a favore dei suoi qualificati componenti, i divieti fissati dalle regole tradizionali delle cosche. A tale struttura avevano accesso anche “massoni” o “nobili”, intendendosi per essi coloro che non avevano estrazione propriamente criminale. In buona sostanza, secondo quanto emerso nel corso delle indagini, questa più recente struttura occulta, avvalendosi di soggetti indicati come ‘segreti’ o ‘riservati’, è risultata operare in sinergia con il noto organo collegiale di vertice denominato Provincia.

Il mandamento tirrenico. Il porto di Gioia Tauro continua ad affermarsi tra le rotte preferite dai trafficanti internazionali di stupefacenti, così come confermato dai numerosi sequestri di cocaina proveniente dal Sud America operati nel semestre preso in considerazione dalla Dia. Sul piano degli assetti criminali dell’area, a Gioia Tauro permane, in posizione di rilievo, la cosca Piromalli, che – unitamente ad altre storiche famiglie sarebbe parte integrante del vertice strategico della ‘ndrangheta. In particolare, i Piromalli controllerebbero innanzitutto la “Piana”, coesistendo con Molì, loro vecchi alleati. “Emblematico – sottolineano gli uomini della Dia – della capacità della cosca di proiettare anche oltre i confini regionali i propri interessi economici è stato il sequestro, eseguito dalla Polizia di Stato nel mese di novembre – tra le province di Reggio Calabria, Vibo Valentia, Roma e Bologna – nei confronti di un imprenditore originario di Nicotera, ma espressione dei Piromalli, attivo nei settori turistico-alberghiero, immobiliare, edile e della ristorazione. Lo stesso aveva accumulato un patrimonio del valore stimato di 50 milioni di euro, creato anche grazie ai legami con i clan De Stefano di Reggio Calabria, Mancuso di Vibo Valentia e Coco di Milano”. Nel comprensorio di Rosarno e San Ferdinando, a gestire gli affari illeciti sarebbero sempre i clan Pesce e Bellocco. A Taurianova il territorio è segnato dalla presenza degli Avignone e dei Fazzalari mentre mentre a Cinquefrondi permangono i gruppi Petullà-Ierace-Auddino-Ladini e Foriglio-Tigani. A Cittanova si segnalano le storiche famiglie Albanese-Raso-Gullace e Facchineri. A Polistena sarebbe attiva la famiglia Longo-Versace mentre nel Comune di Laureana di Borrello, è presente una locale di ‘ndrangheta che annovera, tra l’altro, articolazioni nel Milanese delle famiglie Ferrentino-Chindamo e Lamari, colpite dalla cosiddetta operazione Lex.

Mandamento jonico. Nel versante jonico è confermata la leadership delle “locali” di Platì, San Luca, Africo, Siderno e Marina di Gioiosa Ionica. Si legge nella relazione della Dia: “Scendendo ad un analisi di dettaglio delle aree a maggior concentrazione criminale, va innanzitutto rimarcata, a Platì, la forte presenza dei Barbaro-Trimboli-Marando e a San Luca dei Nirta-Strangio e Pelle-Vottari”. Ad Africo si registra la primazia della cosca Morabito-Palamara-Bruzzaniti che annovera significative propaggini in Lombardia, Campania, Abruzzo ed Emilia Romagna, mentre a Siderno è operativo il clan Commisso, contrapposto ai Costa. A Marina di Gioiosa Ionica viene segnalata l’operatività delle cosche Aquino-Coluccio e Mazzaferro, i cui interessi spaziano dal traffico di stupefacenti – esercitato attraverso significative saldature criminali tra il centro-nord dell’Italia e Paesi del nord Europa, del Sud America e dell’Australia – al controllo di importanti iniziative economiche. Nel comune di Monasterace ed in quelli limitrofi di Stilo, Riace, Stignano, Caulonia e Camini, opera la cosca Ruga-Matastasio-Leuzzi, alleata della ‘ndrina Gallace, attiva a Guardavalle (nel basso catanzarese ionico). Il Comune di Caulonia si caratterizza, invece, per l’operatività della cosca Vallellonga. Il comprensorio di Locri resta suddiviso tra le cosche dei Cordì e dei Cataldo.