Cronaca

Omicidio Di Leo, le rivelazioni del pentito Andrea Mantella: “Ecco come lo abbiamo ucciso”

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Uno degli omicidi più cruenti commessi nel Vibonese raccontato dal collaboratore di giustizia: "Quella notte c'ero anche io"

Si trova in carcere ormai da un anno e ora rischia l'ergastolo Francesco Fortuna, 37enne di Sant’Onofrio, giudicato con rito abbreviato ritenuto esponente di spicco della cosca di ‘ndrangheta dei Bonavota, accusato di essere uno dei killer dell’omicidio di Domenico Di Leo, detto Micu ‘i Catalanu, ucciso  a colpi di pistola,  Kalashnikov e fucile tra l’11 e il 12 luglio 2004.  Ad accusarlo ci sono diversi pentiti, oltre a Raffaele Moscato, anche Andrea Mantella che, a questo omicidio avrebbe anche partecipato facendo parte del gruppo di fuoco.

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Andrea Mantella Fortuna FrancescoLe dichiarazioni di Andrea Mantella. Interrogato il 4 maggio scorso dal pm, Camillo Falvo, e dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Vibo Valentia, il neo collaboratore di giustizia ha spiegato agli inquirenti di aver partecipato in prima persona alle fasi preparatorie dell’omicidio di Domenico Di Leo e di aver personalmente guidato l’auto con a bordo i killer che hanno poi aperto il fuoco contro la vittima designata, indicati in: Francesco Fortuna e Francesco Scrugli. “Pure io ero armato con una pistola – ha dichiarato Mantella – ma non l’ho però usata. Francesco Fortuna era armato con un kalashnikov, mentre Francesco Scrugli aveva in mano un fucile. Entrambi indossavano dei guanti in lattice, io invece indossavo solo dei guanti da muratore, non avevo bisogno dei guanti in lattice – ha sottolineato Mantella – perché dovevo solamente tenere il volante in mano e praticamente non dovevo sparare, salvo qualche arma si inceppasse”. Il commando con a bordo Mantella, Francesco Scrugli e Francesco Fortuna si sarebbe appostato vicino la casa di Domenico Di Leo e, dopo aver tranciato il lucchetto di un cancello a ridosso della strada, avrebbe parcheggiato l’auto nei pressi di una casa vecchia e abbandonata. “Domenico Di Leo era al bar – racconta Mantella – e, dopo esserci appostati, Francesco Scrugli e Francesco Fortuna si sono messi a fumare sigarette Merit”, avendo però l’accortezza di non buttare fuori dall’auto le cicche per evitare ritrovamenti e possibili comparazioni di Dna da parte degli investigatori, ma portandosele dietro ed addirittura “in tasca schiacciandole nel pacchetto”.

L'agguato a Micu i Catalanu. “Praticamente la microcar di Domenico Di Leo – ha spiegato Mantella al pm ed ai carabinieri – era inconfondibile perché faceva un rumore simile ad un trattore. Appena Di Leo fu vicino alla nostra auto gli sbucarono davanti Fortuna con il kalashnikov e Scrugli con il fucile, iniziando a sparare all’impazzata. Scrugli e Fortuna – ha afferma Mantella – erano proprio degli assassini”. Lo stesso Scrugli troverà poi la morte nel marzo del 2012 a Vibo Marina ucciso da killer stranieri assoldati dal clan Patania nell’ambito della faida con il clan dei “Piscopisani” (dal nome della frazione Piscopio del comune di Vibo Valentia).

I moventi dell’omicidio. Andrea Mantella ha svelato agli inquirenti anche le motivazioni alla base del grave fatto di sangue. “Domenico Di Leo – ha dichiarato il collaboratore di giustizia – aveva mire espansionistiche ed ai tempi della guerra di mafia fra i Bonavota contro i Petrolo-Bartalotta-Matina era un azionista del gruppo Bonavota”, guidato all’epoca da Vincenzo Bonavota, padre di Pasquale e Domenico Bonavota. Un tipo, Domenico Di Leo, definito come “pericoloso” da Andrea Mantella, tanto da essere capace di “alzare la voce” pure nei confronti di Francesco Fortuna. Diversi i moventi alla base dell’omicidio indicati da Andrea Mantella: da un lato una relazione sentimentale da parte di uno dei vertici della “famiglia” Bonavota con una parente dello stesso Domenico Di Leo; quindi la volontà di Di Leo di prendere la supremazia sui Bonavota e realizzare un autolavaggio al centro commerciale di Maierato che si trovava sotto il controllo degli stessi Bonavota; infine la possibilità data dal proprietario del centro commerciale di realizzare un solo fabbricato da adibire o per un autolavaggio oppure per “un chiosco bar che interessava invece a Domenico Bonavota, Domenico Cugliari detto “Micu i Mela” e Francesco Fortuna che avevano già iniziato i lavori”.

La preparazione dell’agguato. Quindi gli incontri di Mantella nella “masseria dei Bonavota, avendo l’accortezza di parlare sempre fuori dal paese “e staccando le batterie dei cellulari”. In tale occasione sarebbe stato spiegato ad Andrea Mantella e Francesco Scrugli che di “Domenico Di Leo non se ne poteva più e bisognava farlo fuori”. Poi l’agguato e la pioggia di fuoco scaricata sulla vittima da Francesco Scrugli e Francesco Fortuna. “Perchè Fortuna e Scrugli erano proprio degli assassini”. Parola di Andrea Mantella.

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