Cronaca

Le mani del clan Gallace nel Lazio, si sgonfia l’inchiesta tra assoluzioni e prescrizioni

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Il pm aveva chiesto la condanna di tutti e cinque gli imputati coinvolti nell'operazione "Paredra" messa a segno dai carabinieri del Ros nel 2010

di GABRIELLA PASSARIELLO

Con due sentenze di prescrizione e tre assoluzioni si è concluso il processo con rito abbreviato a carico di cinque imputati, considerati capi e gregari della cosca Gallace convolti nella maxi operazione “Paredra”, messa a segno nel 2010 dai carabinieri del Ros nelle province di Roma, Catanzaro, Arezzo e Torino. Il gup del Tribunale del capoluogo calabrese Antonio Battaglia ha pronunciato sentenza di prescrizione a carico di Cosimo Damiano Gallace, 27 anni, residente a Guardavalle e Rosa Andreacchio, 68 anni, di Guardavalle mentre ha assolto Giovanni Andreacchio, 29 anni, di Catanzaro, Agazio Andreacchio 33 anni, di Guardavalle, e Vincenzo Gallace detto “Cenzo”, 63 anni, di Guardavalle, difesi dagli avvocati Salvatore Staiano e Vincenzo Cicino, disponendo inoltre per Cosimo Damiano Gallace il dissequestro dell’impresa "Italcostruzioni" e di tutti i beni aziendali. Tutti e cinque gli imputati dovevano rispondere di intestazione fittizia di beni aggravata dalle modalità mafiose. Il pubblico ministero Vincenzo Capomolla, aveva chiesto, al termine della requisitoria, condanne che vanno dai cinque ai quattro anni di reclusione. Bisognerà attendere novanta giorni per conoscere le motivazioni del verdetto.


Le ipotesi di accusa. Vincenzo Gallace, Agazio Andreacchio e Giovanni Andreacchio, in concorso tra loro, per eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniale, avrebbero attribuito falsamente alo stesso Agazio Andreacchio, visto che Gallace era sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, la titolarità della ditta “Ag Trasporti”. E con lo stesso meccanismo fraudolento entrambi i Gallace avrebbero affidato a Rosa Andreacchio la titolarità della ditta La Fenice, e una volta cessata questa impresa, sarebbe passata invece nelle mani di Cosimo Damiano Gallace la titolarità della ditta “Italcostruzioni”. Fatti commessi, secondo il castello accusatorio, per agevolare il sodalizio di stampo mafioso riconducibile alla famiglia Gallace.

 Il blitz. Undici le persone finite in carcere e tre ai domiciliari, nell’ambito dell’operazione "Paredra", per associazione delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, usura, furto, detenzione di armi da fuoco, favoreggiamento personale e trasferimento fraudolento di valori con l'aggravante mafiosa. I militari avevano effettuato anche alcune perquisizioni in abitazioni recuperando denaro contante e munizioni e dato esecuzione ad un provvedimento di sequestro preventivo nei confronti di tre società riconducibili agli indagati, dislocate a Guardavalle, Terranuova Bracciolini e Cumiana, per un valore di oltre un milione di euro, società che operanti nel settore edilizio e del movimento terra. L'indagine altro non è che il seguito di un'operazione del 2004, chiamata “Appia”, conclusasi con l'arresto di 33 persone nei confronti di altrettanti esponenti dell'articolazione laziale della cosca Gallace di Guardavalle, tutti coinvolti in attività di droga, armi e riciclaggio. Gli accertamenti hanno confermato che la cosca Gallace agisce da tempo nel territorio laziale (Anzio e Nettuno, grazie al supporto della famiglia Andreacchio originaria di Guardavalle) e che fa i soldi con la droga, le armi e prestiti a commercianti applicando tassi di usura anche del 20%.

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