Cultura & Spettacolo

#NATUZZA | Il martirio delle ferite quaresimali sul corpo della mistica di Paravati

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Le testimonianze di un medico e del vescovo della diocesi di Mileto, mons. Luigi Renzo sul dolore fisico  accettato di buon grado dalla donna di Paravati  

di VINCENZO VARONE

La Madonna come appariva a Natuzza. Il popolo in preghiera, in ginocchio e in lacrime. I rappresentanti dei cenacoli di preghiera provenienti da ogni angolo d’Italia ma anche dagli Stati Uniti d’America e dall’Australia, con i loro stendardi e con la forza della loro fede. Il cielo che scruta discreto i passi degli ultimi scettici invitandoli alla conversione. E’ questo il volto che oggi offre sempre più spesso Paravati - il luogo mariano sul quale sono, ormai da decenni, puntati gli occhi del mondo intero – in occasione delle numerose celebrazioni che si svolgono nella Villa della Gioia, tanto cara a Mamma Natuzza.

L'accoglienza.Ben arrivati, ben arrivati, miei figli amati. Ben arrivati, qui sotto il colle di Paravati”. Così recita la canzone che accoglie i tanti pellegrini che silenziosamente ad ogni raduno di preghiera prendono posto in ogni angolo dell’immensa spianata della Fondazione, di fronte al grande santuario mariano ormai in fase di ultimazione. I primi arrivi avvengono all’alba. Cento pellegrini e poi ancora cento fino a diventare migliaia, tutti così diversi nel fisico, nel modo di vestire e di camminare. Ma tutti con lo sguardo proteso verso la Madonna: la salvezza, la mamma del mondo intero, la consolatrice, la speranza, la via da seguire. Tutti protesi verso di lei per chiedere una grazia, la guarigione da una malattia, la realizzazione di un sogno e la forza di saper perdonare.

Il periodo pasquale. Ma in questi giorni che precedono la Quaresima il pensiero dei figli spirituali di Fortunata Evolo va soprattutto al periodo pasquale e alle tante sofferenze vissute da Natuzza durante la Settimana Santa. Giorni in cui la mistica viveva sul proprio corpo la passione del Signore e, quindi, la flagellazione e la salita al calvario. In quei giorni Natuzza Evolo cadeva a più riprese in uno stato di estasi e le stimmate si trasformavano a contatto con bende e fazzoletti in testi di preghiere in lingue diverse, ostie, ostensori, corone di spine e cuori.

Testimonianza di un medico. Per anni medici, scienziati e uomini di chiesa hanno trascorso il giorno più critico, ovvero il Venerdì Santo, accanto a Fortunata Evolo per tentare di alleviare le sue sofferenze. Tra questi figura il medico Francesco Accinni dalla cui testimonianza, che si riferisce al Venerdì Santo del 1992, riportata nel libro di Roberto Italo Zanini “Natuzza Evolo - come Bibbia per i semplici” emerge lo stato di profonda sofferenza in cui visse quelle ore Mamma Natuzza. “Alle 13 e 50 la situazione è precipitata. Natuzza – ricorda Accini - si è portata ripetutamente le mani sul costato, dalla parte sinistra. Poi, ad un tratto, si è inarcata sulla schiena toccandosi forte sul petto. Ha lanciato un urlo più forte e si sono viste le gambe distendendosi, irrigidirsi e accavallarsi all’altezza dei piedi. Le braccia si sono sistemate ad angolo retto, con i palmi rivolti verso l’alto. Il corpo di Natuzza –si ricava ancora dalla testimonianza del medico - è diventato come un sasso, rigido in posizione di crocifissione. In quei tremendi minuti io sentivo come se il cuore mi venisse strappato dal petto, ci trovavamo di fronte a una persona morta crocifissa dopo essere stata flagellata e aver sofferto tutte le pene di Gesù sul calvario”.

Il venerdì santo. Un’altra testimonianza di epoca più recente è quella offerta qualche anno fa dal vescovo della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, monsignor Luigi Renzo, e che riguarda il venerdì santo del 2008. “Poco prima di mezzogiorno don Pasquale Barone – afferma il presule – venne ad invitarmi da Natuzza. Non immaginavo minimamente la scena a cui stavo per partecipare. Trovai nella stanza don Giovanni D’Ercole, non ancora vescovo e che conoscevo un pò a distanza, insieme a don Michele, a don Maurzio Macrì e pochi altri intimi. Trovai Natuzza in uno stato terrificante. Soffriva e vibrava contorcendosi nel letto. Non parlava. Non aveva coscienza delle persone – ricorda il vescovo – che c’eravamo. Pregava drammaticamente ed era assorta solo nel dialogare con Gesù come fosse sulla Croce. Assorta diceva parole per noi incomprensibili che lasciavano trasparire l’intenso dialogo amoroso tra lei e Gesù. Stava vivendo – afferma monsignor Luigi Renzo - sulla propria carne proprio le sofferenze di Gesù sulla Croce il Venerdì santo. La cosa durò a lungo. Noi presenti ci unimmo in preghiera quasi elettrizzati per quello che accadeva davanti a noi”. Un vero e proprio martirio che Natuzza ha vissuto per anni sul proprio corpo “per la salvezza delle anime”, aiutata dalla forza della fede che ha sempre accompagnato il suo cammino.