Cultura & Spettacolo

Giornate Fai a Vibo, tra le Mura greche e gli splendidi mosaici romani

Il mosaico più antico, che risale al II sec. d. C. è decorato con un emblema centrale figurato con Nereide nuda che si lascia trasportare da un ippocampo in un mare pieno di delfini stilizzati

di MICHELE LAROCCA

Ci sono volute le Giornate Fai per riportare alla luce, dopo quattro anni, gli ambienti della città romana di località Sant’Aloe con i suoi splendidi mosaici. Tesori nascosti di Valentia, ma anche tesori nascosti di Hipponion: le mura greche, il più possente monumento di arte militare delle Magna Grecia, sono tornati visitabili per tre giorni. E in tre giorni hanno ricevuto, secondo i dati diffusi proprio dal Fai quasi cinquemila visitatori. Tesori destinati a tornare chiusi e non visitabili per chissà quanto tempo ancora. Già, perchè il parco archeologico di Hipponion – Valentia, in fase di realizzazione da quasi un ventennio, ancora non vede la luce.
Le mura greche, poi, sono un cruccio storico per questa città. Rinvenute nel 1908 da Paolo Orsi, né è stato ricostruito l’intero circuito che era di circa otto chilometri. Il tratto visibile è di circa 500 metri, altri trecento di recente sono stati scandalosamente ricoperti sotto uno strato di terra e asfalto per fare passare dei tubi di scolo, mentre altri ancora restano sotto terra, tra cui un’altra torre posta a vista sul porto ipponiate in località piazza d’Armi. E vogliamo ricordare il tempio di Persefone recentemente riportato alla luce e abbandonato alle intemperie?

Quanto ai resti di domus e terme della città romana, l’attenzione di tutti viene calamitata dagli splendidi mosaici (altri potrebbero essercene ancora sotto terra). Il mosaico più antico, che risale al II sec. d. C. è decorato con un emblema centrale figurato con Nereide nuda che si lascia trasportare da un ippocampo in un mare pieno di delfini stilizzati; un velo aperto a conchiglia incornicia in alto le figure. Tre fasce concentriche si dipartono dal centro verso l’esterno, decorate, la prima, con anatre e trampoliere in ambiente lacustre, la successiva con motivi geometrici in bianco e nero e l’ultima con tralci vegetali ed uccelli.
Il mosaico più recente è relativo ad un atrio del complesso termale ed è decorato con pesci, pavoni e le quattro stagioni, inquadrati in un festone che si dispone ad ottagono intorno alle figure.

Sia i mosaici – che nella tecnica e motivi compositivi hanno puntuali confronti con il mondo africano – che le classi ceramiche (una grande quantità da stoviglie da mensa e cucina, in sigillata africana) testimoniano stretti contatti commerciali tra la città e l’Africa.
Un altro mosaico, dimenticato da tutti, “giace” altrove, nel giardino del castello normanno, quello degli Amorini Pescatori, tra l’indifferenza di tutti, operatori e turisti che non sanno neanche cosa sia.

Un patrimonio che va tutelato e valorizzato al più presto, perchè per la rinascita di Vibo ce n’è estremo bisogno. Basta con rinvii e perdite di tempo, il Parco Archeologico s’ha da fare e subito! Per il momento non ci resta che ringraziare il Fai di Vibo Valentia che ogni anno ci regala di visitare spezzoni della città altrimenti invisibili.

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