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#STORIE | Salvatore Sangeniti, il prete-scrittore che seppe guidare tante generazioni

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Originario di Garavati, frazione di Rombiolo, dove era nato nel 1945, don Salvatore amava le sfide, l’incontro con gli altri, l’arte dello scrivere e le omelie chiare e dirette senza peli sulla lingua


di VINCENZO VARONE

Una simca d’epoca con a bordo un uomo dai capelli bianchi spuntata all’improvviso lungo la statale 18 tra Mileto e Vibo Valentia accompagnata dal sole tiepido e malandrino del mese di marzo e all’improvviso si fa strada nei miei ricordi la figura di don Salvatore Sangeniti, sacerdote, scrittore, poeta, fisarmonicista, musicologo, uomo del popolo e uomo di Dio, nonchè canonico della Grotta e dei Santuari di Lourdes, scomparso immaturamente da qualche anno.

Gli insegnamenti. Originario di Garavati, frazione di Rombiolo, dove era nato nel 1945, don Salvatore amava la sfide, l’incontro con gli altri, l’arte dello scrivere e le omelie chiare e dirette senza peli sulla lingua. Figlio di agricoltori si portava dietro il sapore antico fatto di sudore della terra e l’integrità dei valori dei luoghi che odorano di pulito e di natura vera e lo spirito di sincera accoglienza degli abitanti dei paesi e della masserie del Poro. Non per niente durante gli anni della sua appassionata missione ovunque è stato ha saputo essere uomo di chiesa dalla fede profonda, padre e amico comprensivo, pronto all’ascolto e all’incontro. Una figura quella di don Sangeniti particolarmente amata da quanti hanno avuto modo di conoscerlo e di apprezzarlo e la cui memoria a distanza di alcuni anni dalla sua morte è più che mai viva in tutto il Vibonese ed in particolare nei luoghi dove ha svolto la sua missione di rettore nel seminario vescovile di Mileto e di parroco (Mutari di Francica, Paravati, San Calogero, Papaglionti di Zungri, Pernocari e Mesiano) costantemente al servizio della gente e con un occhio particolare verso i giovani che sono cresciuti attraverso i suoi insegnamenti.

Il ricordo. Ma Il ricordo personale più vivo che ho di lui è legato al giornalismo radiofonico ai tempi di “Radio Paravati” e all’ impegno sociale che riuscì a trasmettere a noi giovani negli anni in cui è stato parroco della comunità dalla Madonna degli Angeli attraverso il gruppo “Amicizia”, che fu una vera e propria palestra di formazione di un’intera generazione. Un altro ricordo forte che serbo è collegato alla seconda metà degli anni Novanta per la preziosa collaborazione che offrì ad un settimanale da me diretto dove per circa un anno curò con il suo spirito indomito e la sua ironia inconfondibile una rubrica settimanale, in cui si firmava con lo pseudonimo “don Abbondio”, dalla quale poi nacque una della sue opere di maggiore successo: “Le ragioni di Perpetua”. Un altro ancora che sopravvive nitido è una visita che feci nella chiesa di Mesiano di Filandari a pochi settimane dall’inaugurazione. Quel pomeriggio lo trovai “armato” di attrezzi vari intento in mezzo alla polvere a sistemare con il piglio del mastro muratore e nello stesso tempo del falegname le ultime cose e a definire gli ultimi dettagli. I suoi occhi quel giorno sprizzavano di letizia. Ed è proprio a Mesiano che da diversi anni opera con grande impegno l’associazione culturale “Piccole cose”, nata proprio nel segno del compianto sacerdote.
L’ultimo è invece legato ad una telefonata inaspettata che mi fece una mattina all’alba e dalla quale riuscii a percepire dalla sua voce che non aveva più la fragranza degli anni ruggenti di fede e di trasporto verso gli altri, i segni della malattia che lo stava divorando. Poco tempo dopo, il 26 novembre del 2008, il suo cuore generoso e ormai stanco cessò di battere nella città dell’Aquila in una clinica per sacerdoti dove si trovava ricoverato da qualche mese. Di don Salvatore, prete di razza e grande comunicatore, restano oggi le opere e il ricordo di una vita piena al servizio della Fede.