Cronaca

Il traffico di cocaina dal Sudamerica finanziato da insospettabili (VIDEO)

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Emergono nuovi retroscena dalle carte dell'operazione "Gerry". Nell'inchiesta anche commercianti e professionisti

di MIMMO FAMULARO

Un altro duro colpo ai narcotrafficanti calabresi è stato inferto dagli uomini del Nucleo di Polizia tributaria della Guardia di finanza di Catanzaro che, all'alba di oggi, sotto la direzione della Dda di Reggio Calabria, ha fermato 18 persone e sequestro oltre 300 chili di cocaina. Sgominata un'organizzazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti dal Sudamerica e, in particolare, dal Costarica e dalla Repubblica Domenicana attraverso i rapporti che i clan calabresi avevano instaurato con i narcos colombiani. I soggetti destinatari del fermo sono collegate ad alcune delle più importanti cosche della piana di Gioia Tauro: i Molè-Piromalli, il Bellocco di Rosarno, gli Avignone di Taurianova, ma anche i Paviglianiti che operano nel versante jonico reggino. 

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Gli insospettabili. Dalle pagine dell'inchiesta, condotta dalle Fiamme Gialle della sezione Goa del Gico di Catanzaro con il supporto della Dcsa, emergono diversi retroscena. In particolare i trafficanti calabresi avrebbero ricevuto disponibilità liquide anche da soggetti insospettabili, quali commercianti e professionisti, che non disdegnavano di fare affari mediante l'acquisto all'ingrosso della cocaina. Per i finanzieri sarebbe sintomatico quanto scoperto. Partiti dalla potente organizzazione di narcos operante tra Rosarno, Gioia Tauro, Melicucco e San Luca, gli investigatori hanno esteso il raggio d’azione nei confronti anche di un libero professionista, anch’egli finanziatore, nonché acquirente di ingenti partite di sostanze stupefacenti, sempre provenienti dal Sudamerica. Le indagini hanno quindi fatto emergere il ruolo del pediatra di Locri Pietro Bonaventura Zavettieri, 55 anni, detto "Bono",  che avrebbe investito denaro nel traffico e che avrebbe ospitato sul territorio calabrese soggetti di nazionalità colombiana.


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I ruoli dei 32 indagati.L’inchiesta ha, così, consentito di identificare complessivamente 32 soggetti, ognuno con un ruolo ben preciso: dai finanziatori ai mediatori, a coloro che avevano il compito di ospitare gli emissari dei narcos colombiani, più volte giunti nel nostro Paese. Organizzazioni che curano le importazioni in ogni dettaglio, riducendo al minimo le comunicazioni e scegliendo accuratamente ove far giungere la cocaina. Non è un caso, difatti, che i narcotrafficanti abbiano deciso di far arrivare la parte più sostanziosa dei carichi di droga al porto di Livorno, potendo lì godere dell’appoggio, in particolare, di un soggetto di origini calabresi, emigrato in quella zona da anni, il quale è riuscito a costruire una vera e propria squadra di lavoro in grado di agire indisturbata nel porto, aprire i containers, estrarre il prezioso carico e portarlo lontano da “occhi indiscreti”.

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Il porto di Livorno. Non a caso, nel corso dell’operazione, i militari hanno sottoposto a sequestro presso il porto di Livorno 300 kg di cocaina e circa 17 kg di codeina, riuscendo, poi, a ricostruire un’ulteriore importazione di narcotico pari a 57 chilogrammi di cocaina, oltre ai numerosi altri tentativi di importazione non andati a buon fine.  "Questa indagine dimostra l’intelligenza strategica della ‘ndrangheta che ha delocalizzato i propri affari dal Porto di Gioia Tauro a quello di Livorno, mostrando come la ‘ndrangheta jonica e quella tirrenica si muovono e fanno affari insieme” ha detto in conferenza stampa il Procuratore capo di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho.