Cronaca

Trust aziendale, assolto il presidente del Crotone calcio Raffaele Vrenna

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Il giudice delle udienze preliminari del Tribunale di Catanzaro, Pietro Carè, ha scagionato anche il fratello di Vrenna e il magistrato in pensione Tricoli

di GABRIELLA PASSARIELLO

Assolti per non aver commesso il fatto. Il gup Pietro Carè ha scagionato l’imprenditore Raffaele Vrenna, presidente del Crotone Calcio, considerato dalla Procura l’istigatore e il beneficiario delle operazioni illecite, appartenente alla cosca dei Vrenna- Bonaventura- Corigliano, il fratello Giovanni Vrenna e il magistrato ora in pensione Francesco Tricoli, giudicati con rito abbreviato. Crollano le accuse per Raffaele Vrenna, difeso dall’avvocato Francesco Gambardella, di aver trovato il modo di evitare il sequestro e la confisca dei beni avvalendosi della collaborazione del fratello e di una persona di fiducia, attribuendo fittiziamente, ad altri, quote societarie, rami di azienda, denaro e beni per svariati milioni di euro.

Le richieste del pm. Il pubblico ministero della distrettuale Domenico Guarascio, al termine della requisitoria, aveva chiesto la condanna a quattro anni per i fratelli Vrenna e ad un anno e otto mesi per Tricoli.

L’inchiesta. L’imprenditore Raffaele Vrenna era comproprietario con il fratello Giovanni della società “Sovreco SpA”, con partecipazione diretta al capitale sociale di ben 6 società miste sparse in tutta la Calabria e con qualche legame anche in Campania, tutto nel settore di gestione dei rifiuti, così come era titolare della Mida. Ed ecco l’escamotage per frodare la legge: i due Vrenna con atto notarile avrebbero costituito e attribuito in maniera simulata azioni e quote ad altri delle società Sovreco e Mida srl per un valore complessivo di euro 5.052.274,92 , stabilendo nell’atto che ogni beneficio economico fosse diviso in parti uguali a favore di Patrizia Comito, Luisa e Valentina Vrenna, rispettivamente, moglie e figlie di Raffaele, al momento del coinvolgimento, presidente dell’Assindustria crotonese, vicepresidente della Confindustria Calabria, mantenendone però di fatto la disponibilità e la proprietà occulta. E a chi affidare l’amministrazione dei beni di un imprenditore condannato per mafia che per legge non può amministrarli? Secondo i magistrati, Vrenna avrebbe scelto proprio il procuratore capo della Procura di Crotone Francesco Tricoli, che da lì a poco sarebbe andato in pensione e la cui segretaria personale non era altro che la moglie di Raffaele Vrenna. Quella stessa Procura della Repubblica che all’epoca dei fatti, prima del decreto di sicurezza che ha affidato le competenze alle “distrettuali” in materia di sequestro e confisca di beni, avrebbe dovuto accertare la provenienza del denaro di Raffaele Vrenna e poi le eventuali misure di prevenzione.

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