Cronaca

‘Ndrangheta, nuovo colpo ai Piromalli: un “cartello” per gestire gli appalti pubblici (VIDEO)

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Coinvolti anche un dirigente pubblico e un funzionario Anas. Eseguiti 38 sequestri d’azienda per circa 200 milioni di euro. Al centro dell’inchiesta la famiglia Bagalà di Gioia Tauro

Un “cartello” composto da oltre 60 società che, presentando delle offerte concordate in precedenza, sarebbero state così in grado di determinare l’aggiudicazione di appalti pubblici per oltre 90 milioni di euro. E’ questa la tesi accusatoria formulata dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria in base alla quale il gip del Tribunale reggino ha emesso 25 misure cautelari nei confronti di altrettante persone ritenute responsabili a vario titolo dei reati di associazione mafiosa, turbata libertà degli incanti, frode nelle pubbliche forniture, corruzione e falso ideologico in atti pubblici. Dieci le persone finite in carcere, quattordici invece sono state sottoposte agli arresti domiciliari mentre per uno è scattato l’obbligo di dimora. I provvedimenti sono stati eseguiti dalla Guardia di finanza di Reggio in tre diverse regioni: la Calabria, la Sicilia e il Lazio. Nell’ambito dell’operazione le Fiamme gialle hanno anche eseguito 38 sequestri preventivi d’azienda per un valore complessivo di circa 200 milioni di euro.

‘Ndrangheta, sgominato cartello di imprese legate ai Piromalli: 25 arresti (NOMI)

Gdf-Operazione-Cumbertazione“Cumbertazione”. Alle misure di oggi si è arrivati al termine delle indagini condotte nell’ambito dell’operazione “Cumbertazione”: in questo contesto sono stati approfonditi i profili imprenditoriali della criminalità organizzata che opera nella Piana di Gioia Tauro soprattutto nel settore degli appalti pubblici. In tal senso sarebbero stati accertati i presunti legami con funzionari pubblici del Comune di Gioia Tauro e dell’Anas. Per gli inquirenti vi sarebbe stato un diretto coinvolgimento del gruppo imprenditoriale Bagalà. Secondo la tesi accusatoria, quest’ultimo, sfruttando l’appartenenza alla cosca Piromalli, avrebbe costituito e consolidato negli anni “una posizione di assoluto predominio nel settore degli appalti pubblici in Calabria, riuscendo sistematicamente a turbare almeno 27 gare indette” da diverse Stazioni appaltanti (tra cui i Comuni di Gioia Tauro e Rosarno, la Provincia di Reggio Calabria, l’Anas, nel periodo tra il 2012 e il 2015 e per un valore complessivo superiore a 90 milioni di euro. Gli investigatori ritengono che grazie anche a “rapporti corruttivi” con funzionari appartenenti alle stesse stazioni appaltanti e all’operato di diversi professionisti considerati collusi, si sarebbe sviato “il regolare svolgimento delle gare pubbliche” costituendo appunto un cartello composto da oltre 60 società che, attraverso la presentazione di offerte concordate precedentemente, sarebbe stato in grado di determinare l’aggiudicazione degli appalti a una delle imprese della cordata. Nel corso delle indagini si sarebbe individuata una cerchia di soggetti ritenuti “pienamente inseriti in quella organizzazione che gli indagati, negli stessi dialoghi intercettati, hanno definito la Cumbertazione”, un termine dialettale utilizzato per indicare un’associazione “chiusa”.

‘Ndrangheta, un “cartello” di imprese legate ai Piromalli per gestire gli appalti: 25 arresti

La famiglia Bagalà. Accanto al nucleo essenziale della famiglia Bagalà – in particolare dei fratelli Giuseppe e Luigi, e dei rispettivi figli Francesco (cl. ’90) e Francesco (cl. ’77) – sarebbero stati individuati altri soggetti che avrebbero avuto dei ruoli chiave nel sistema di controllo degli appalti. Tra questi, in primis, Giorgio Morabito, originario di San Giorgio Morgeto, già attivo nel settore degli appalti di lavori pubblici e considerato come affiliato ai Piromalli. Poi un ingegnere, Pasquale Rocco Nicoletta e la sorella Angela, anch’essa ritenuta parte del sodalizio criminale oltre che “testa di ponte” della cosca all’interno dell’amministrazione comunale di Gioia Tauro.
Gli investigatori sostengono che Angela Nicoletta, in particolare, dirigente del Settore Lavori Pubblici dell’ente, oltre che presidente delle Commissioni di gara a cui partecipavano le imprese del presunto “cartello”, avrebbe fornito informazioni riservate e suggerimenti tecnici indebiti, e si sarebbe si attivava, a richiesta di Francesco Bagalà per differire i termini di consegna delle offerte ogni volta che l’associazione non fosse stata in grado di rispettare il termine di presentazione.

L’ingegnere dell’Anas. Altri episodi di corruzione riguarderebbero un altro ingegnere dell’Anas, Giovanni Fiordaliso, direttore dei lavori relativi alla realizzazione dello svincolo autostradale di Rosarno. Secondo l’accusa, in cambio di soggiorni gratuiti a Taormina e a Firenze o di orologi Rolex, avrebbe fornito a Francesco Bagalà informazioni riservate ed il format del file Anas con il relativo logo che avrebbero consentito ai professionisti di fiducia dell’imprenditore di compilare la “relazione riservata del direttore dei lavori”, poi fatta propria da Fiordaliso che l’avrebbe firmata. Fiordaliso, poi, si sarebbe attivato ripetutamente per favorire le imprese dei Bagalà facendo, ad esempio, pressioni su una dipendente dell’Anas affinché venisse accelerata la procedura di firma dei SAL (Stato Avanzamento Lavori); facendo finta di agire nell’interesse della Stazione Appaltante dell’azienda per evitargli un oneroso contenzioso avrebbe inoltre perorato la causa dell’impresa, cercando di spingere i funzionari ad attivare la procedura per arrivare ad un accordo bonario il più possibile remunerativo per l’appaltatore così che i Bagalà recuperassero il forte ribasso offerto in sede di aggiudicazione della gara. Infine, il professionista avrebbe cercato di convincere il consulente tecnico dell’Anas nominato dall’Ente per la risoluzione della stessa controversia, a rinunciare all’incarico.

Le imprese “compiacenti”. Nel corso delle indagini, poi, sarebbero state individuate una serie di ditte ritenute compiacenti e con sede in Calabria, Lazio, Sicilia, Campania e Toscana: a queste sarebbero state fatte presentare le offerte secondo importi che avrebbero automaticamente garantito l’aggiudicazione ad una di esse. Secondo gli investigatori in alcuni casi le stesse imprese, “scelte in ragione dei propri requisiti tecnici ed economici (come nel caso dei gruppi Cittadini e Barbieri), si sarebbero prestate a partecipare fittiziamente alle gare, singolarmente o in Ati o Rti, per conto dell’organizzazione (ricevendo in cambio una percentuale che variava dal 2,5% al 5% sull’importo posto a base d’asta, al netto del ribasso). In altri casi avrebbero presentato offerte fittizie, “ricevendo in cambio, ad esempio, la garanzia che l’organizzazione, a sua volta, avrebbe presentato offerte fittizie per appalti di loro interesse così aiutandole ad aggiudicarsi le relative gare”.
“In questo sistema, sostenuto da un collante composito fatto di corruzione, imposizione ‘ndranghetistica e collusione – affermano gli inquirenti – lo scopo perseguito dai Bagalà” sarebbe stato “quello di garantirsi il totale controllo del sistema delle gare pubbliche indette dalle stazioni appaltanti calabresi”. Il controllo sarebbe stato esercitato sia direttamente, facendo cioè aggiudicare le gare alle proprie ditte, sia indirettamente, ovvero facendo vincere le commesse ad imprese “colluse” che, per i lavori sul posto e attraverso il sistema delle procure speciali rilasciate a Giorgio Morabito e ad altri, si sarebbero poi affidate poi alle ditte dei Bagalà. Anche quando il cartello non fosse riuscito vincitore, infine, sarebbero state messe in atto delle manovre – sotto forma del subappalto o della procedura di nolo – così da controllare in maniera diretta la gara.

I Piromalli. Il vantaggio per la presunta organizzazione criminale sarebbe stato molteplice. Da un lato, quello economico, direttamente derivante dall’esecuzione dell’appalto “per procura”; in secondo luogo, quello di favorire gli altri imprenditori “mafiosi” che operavano sul territorio di esecuzione dei lavori stessi, “così da aumentare il prestigio dell’organizzazione, creare sinergie, consenso ed alleanze”. Un terzo vantaggio, per gli inquirenti, sarebbe poi quello in termini di visibilità mafiosa: cioè di eseguire tutti i lavori in un territorio come, ad esempio, quello di Gioia Tauro, rafforzando così la posizione della cosca Piromalli. La gestione dei cantieri locali permette infatti anche l’assunzione delle maestranze eventualmente imposte dalle famiglie ‘ndranghetistiche competenti per territorio, permettendo così all’organizzazione di creare un sistema per cui, e secondo le stesse parole dette da Giuseppe Bagalà in una intercettazione: “tutti sono contenti”.
Per ottenere questi benefici, l’organizzazione avrebbe curato anche i rapporti con le cosche di ‘ndrangheta competenti in relazione al luogo di esecuzione dei lavori, riconoscendo loro la tradizionale “tassa ambientale” del 3%. L’operato, inoltre, ha interessato anche la fase più propriamente esecutiva delle opere in quanto, in alcune gare, sarebbero state apportate varianti non autorizzate al progetto; inoltre sarebbe stato riscontrato l’utilizzo di materiale scadente o di qualità diversa rispetto a quella prevista nel capitolato di appalto.

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