Cronaca

Volevano far saltare in aria il pentito Moscato: condannati a otto anni carcere

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Confermata in Cassazione la pena inflitta dalla Corte d’Appello nei confronti di Rinaldo Loielo e Filippo Pagano, sorpresi in auto con una bomba di quasi 3 chili

La Cassazione ha condannato a otto anni di carcere Rinaldo Loielo di Gerocarne e Filippo Pagano di Soriano. Confermato il verdetto emesso dalla Corte d’Appello di Catanzaro. Si chiude così l’iter giudiziario nei confronti dei due ventisettenni accusati di detenzione e trasporto di un ordigno rudimentale. Una vera e propria bomba ritrovata dalla Polizia il 23 febbraio 2013 nell’auto con a bordo i due giovani fermati in località “Serricella” del comune di Rosarno. Erano stati gli stessi Loielo e Pagano, alla richiesta dei documenti, ad avvertire i poliziotti del Commissariato di Gioia Tauro che nel bagagliaio avrebbero trovato un ordigno, disinnescato poi dagli artificieri arrivati da Reggio Calabria.

Pagano

Filippo Pagano

La bomba. Secondo le risultanze investigative, la bomba, pesante oltre due chili e mezzo e capace di far saltare un intero palazzo ed innescabile a distanza con un radiocomando, sarebbe stata ceduta a Rinaldo Loielo dal boss Pantaleone Mancuso, alias “Scarpuni”, allo scopo di alimentare lo scontro armato tra i Loielo ed i clan Emanuele e Ciconte, attivi nelle Preserre vibonesi. Per la detenzione dell’ordigno esplosivo, Pantaleone Mancuso è stato condannato dal Tribunale collegale di Vibo Valentia alla pena di 6 anni ed 8 mesi.

Rinaldo Loielo

Rinaldo Loielo

Intercettati al bar. Rinaldo Loielo è figlio di Giuseppe Loielo, assassinato all’età di 46 anni insieme al fratello Vincenzo, 44 anni, nella cosiddetta “strage di Ariola”. Il fatto di sangue risale all’aprile del 2002. Secondo gli inquirenti,  la strage fu voluta dalla cosca al cui vertice vi sarebbe stato Bruno Emanuele, aiutato nell’agguato dal boss di Cassano allo Ionio, Tonino Forastefano, ora collaboratore di giustizia. Da uno dei colloqui intercettati in un bar di Nicotera Marina, ritenuto la “base operativa” dell’articolazione del clan Mancuso facente capo al boss Pantaleone Mancuso (Scarpuni), sarebbe emerso il proposito della collocazione nottetempo dell’ordigno esplosivo rinvenuto sull’auto di Loielo e Pagano, all’interno del veicolo in uso alla vittima designata, Raffaele Moscato, all’epoca latitante ed ora collaboratore di giustizia, che doveva saltare in aria attraverso l’ausilio di un telecomando a distanza.

raffaele moscato

L’obiettivo. Moscato (nella foto), ritenuto organico al clan di Piscopio, frazione di Vibo, sarebbe stato un obiettivo dei Loielo in quanto cugino degli Idà di Gerocarne, a loro volta questi alleati con il clan delle Pre Serre vibonesi degli Emanuele che è contrapposto agli stessi Loielo. Le indagini avrebbero permesso di appurare che la bomba detenuta da Rinaldo Loielo e Filippo Pagano (ceduta loro dal boss Pantaleone Mancuso) sarebbe servita per colpire Raffaele Moscato, esponente del clan di Piscopio, frazione di Vibo Valentia, contrapposto al clan Patania di Stefanaconi, sempre nel Vibonese, alleati dei Mancuso di Limbadi e dei Loielo di Ariola di Gerocarne.

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