Cronaca

Traffico reperti archeologici a Crotone, ecco chi sono i presunti “tombaroli” (NOMI)

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Blitz dei carabinieri tra la Calabria, la Sicilia e l’Emilia. Eseguite 12 misure cautelari. Tre persone arrestate e 35 indagate. Nel mirino il sito archeologico di Capo Colonna

L’operazione è stata denominata “Tempio di Hera” e i carabinieri del Comando tutela patrimonio culturale hanno eseguito dodici misure cautelari personali disposte dal gip del Tribunale di Crotone. I militari, contestualmente ad una serie di perquisizioni, hanno anche notificato 35 avvisi di garanzia ad altrettante persone che risultano quindi indagate. Tra questi diversi professionisti della provincia di Crotone, ma anche di Catanzaro, Reggio Calabria, Cosenza, Catania e Reggio Emilia. 

Traffico reperti archeologici, sgominata gang “tombaroli”. C’è anche un docente

Gli arresti. A vario titolo, le persone coinvolte risultano indagate per una serie di violazioni e furti commessi al sito archeologico di Capo Colonna, nel Crotonese. Gli arresti sono tre: due in carcere e uno ai domiciliari. Si tratta di Pasquale Giuseppe Attianese, 71 anni, docente in pensione e autore di diverse pubblicazioni di numismatica; Vincenzo Godano, 30 anni, operaio, già noto alle forze dell’ordine e attualmente in carcere. Per una terza persona, Raffaele Monticelli, attualmente irreperibile, sono stati disposti i domiciliari. Per gli inquirenti sarebbe il principale ricettatore.

Traffico reperti archeologici: nomi “eccellenti” tra i 35 indagati

Le altre misure. Il gip ha disposto l’obbligo di dimora nei confronti di Francesco Carmine Verterame, 61 anni; Francesco Salvatore Filoramo, 68 anni; Luca Filoramo, 39 anni; Francesco Arena, 38 anni. Obbligo di presentazione alla P. G. per Antonio Pasquale Fabiano, 46 anni; Giovanni Luigi Lettieri, 63 anni; Raffaele Malena, 70 anni; Ernesto Palopoli, 82 anni; Salvatore Rocca, 34 anni. 

Le indagini. L’attività investigativa è stata avviata dai carabinieri nel 2014 a seguito di diversi scavi clandestini scoperti a Capocolonna e a Isola Capo Rizzuto. I militari hanno documentato con intercettazioni telefoniche, ambientali e riprese video tutte le fasi: dagli scavi clandestini alla vendita dei reperti a collezionisti. Per gli inquirenti, a capo dell’organizzazione sarebbe stato Pasquale Attianese, “stimato accademico”. Secondo l’accusa, Vincenzo Godano, soprannominato “l’archeologo”, avrebbe invece guidato i presunti “tombaroli”, addestrandoli all’uso di apparecchiature sofisticate come i metal detector. Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di associazione a delinquere dedita all’esercizio e di scavi clandestini, impossessamento illecito di reperti dello stato, danneggiamento di aree vincolate, ricettazione.

L’inchiesta continua.  “Quello concluso oggi è un primo filone di indagine che avrà una successiva fase per verificare anche la destinazione dei reperti trafugati e rivenduti attraverso l’accademico ritenuto a capo dell’organizzazione”. Lo ha rivelato il comandante nazionale del Nucleo tutela patrimonio culturale dei carabinieri, generale di brigata Fabrizio Parrulli, intervenendo questa mattina presso il comando provinciale dell’Arma di Crotone, alla conferenza stampa per illustrare i dettagli dell’operazione “Tempio di Hera” che si è conclusa con l’emissione di 12 ordinanze cautelari a carico di un sodalizio che trafficava in reperti archeologici trafugati dall’area di Capocolonna, a Crotone. Il comandante Parrulli ha escluso il coinvolgimento della criminalita’ organizzata nel traffico: “Abbiamo contezza della compravendita di pezzi di notevole valore su scenari nazionali, ma non ci sono elementi che rinconducano alla ‘ndrangheta o altre associazioni criminali organizzate”.

*Foto di repertorio

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