Cronaca

‘Ndrangheta: Loredana Patania in aula a Vibo per 5 ore fra conferme e contestazioni

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La collaboratrice di giustizia tiene “banco” nel processo “Romanzo criminale” e poi si allontana senza autorizzazione. “Scontro” con gli avvocati, imputato espulso dall’aula

di GIUSEPPE BAGLIVO

Oltre cinque ore di deposizione per il controesame della collaboratrice di giustizia Loredana Patania dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia, presieduto da  Lucia Monaco (a latere i giudici Pia Sordetti e Giovanna Taricco), nel processo nato dall’operazione antimafia denominata “Romanzo criminale” contro i Patania di Stefanaconi. Tanti i temi toccati oggi, fra numerose conferme di dichiarazioni già rese a verbale e altrettante contestazioni. Ecco quelli più importanti affrontati dalla collaboratrice.

Francesco Scrugli

Francesco Scrugli

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Rosario Battaglia

Piscopisani individuati a Vibo Marina tramite un programma per il pc. Rispondendo alle domande dell’avvocato Aldo Ferraro, difensore dell’ex comandante della Stazione dei carabinieri di Sant’Onofrio Sebastiano Cannizzaro, la collaboratrice di giustizia ha dichiarato che i Patania sarebbero riusciti ad individuare l’esatta posizione dove si nascondevano Francesco Scrugli, Raffaele Moscato e Rosario Battaglia a Vibo Marina (dove poi è avvenuto nel marzo 2012 l’omicidio di Scrugli ed il ferimento degli altri due) attraverso un particolare software scaricato sul telefonino. In tale fatto di sangue Loredana Patania ha inoltre dichiarato che era coinvolto pure Riccardo Cellura.

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L’omicidio di Antonino Lopreiato e l’errata indicazione di Scrugli quale killer. Altro tema affrontato dalla collaboratrice, rispondendo questa volta alle domande dell’avvocato Pasqualino Patanè (altro difensore di Cannizzaro), è stato quello dell’omicidio di Antonino Lopreiato, ucciso a Stefanaconi l’8 aprile 2008. Loredana Patania ha dichiarato che i “mandanti di tale fatto di sangue vanno individuati nella cosca Bonavota di Sant’Onofrio, in Emilio Bartolotta, Franco Calafati e Giuseppe Matina di Stefanaconi”, quest’ultimo marito della stessa Patania e poi ucciso nel febbraio 2012. Quali esecutori materiali dellomicidio di Antonino Lopreiato, Loredana Patania ha continuato ad indicare, come già nelle dichiarazioni rese a suo tempo a verbale, i nominativi di “Rosario Battaglia di Piscopio e Francesco Scrugli di Vibo”. In ordine a tale ultimo nominativo, figurante pure nel fermo di indiziato di delitto per l’omicidio di Antonino Lopreiato, vergato dall’allora pm della Dda di Catanzaro Simona Rossi su indagini dei carabinieri del Nucleo investigativo di Vibo, vi è però da dire che nella successiva richiesta di misura cautelare è stata la stessa Dda ad eliminarlo (pur indicato dalla Patania), atteso che Francesco Scrugli all’epoca del delitto di Antonino Lopreiato si trovava invece detenuto in carcere.

toga camera penale

Le espressioni offensive della collaboratrice nei confronti di un avvocato ed il suo allontanamento ingiustificato dal luogo della videocoferenza. Più volte con interventi “sopra le righe”, Loredana Patania si è lasciata quindi andare anche ad espressioni offensive nei confronti dell’avvocato Pasqualino Patanè che stava svolgendo il suo controesame. Subito richiamata dalla presidente del Collegio Lucia Monaco, la collaboratrice è stata poco dopo protagonista di un altro “episodio”. Sono le ore 15.44 e Loredana Patania – interrompendo il controesame dell’avvocato Enzo Galeota, difensore di don Salvatore Santaguida – chiede al Tribunale di poter terminare la deposizione per poter ritornare dai figli minori che stavano, a suo dire, per uscire da scuola. Pur senza aver ricevuto alcuna autorizzazione dai giudici, la collaboratrice si è quindi alzata allontanandosi improvvisamente dall’aula della località dalla quale stava deponendo in video-conferenza. Processo subito sospeso ed al ritorno in aula la “sanzione” del Tribunale che, ritenendo “arbitrario l’allontanamento della collaboratrice di giustizia”, ha disposto la trasmissione del verbale di udienza al Servizio centrale di Protezione dei collaboratori di giustizia per i provvedimenti del caso, atteso fra l’altro che il Tribunale nel frattempo ha accertato che il Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria) aveva provveduto a fornire adeguata assistenza e vigilanza per i figli della donna.

Francesco Lopreiato

Gli insulti dell’imputato Francesco Lopreiato alla Patania ed il suo allontanamento dall’aula. Sono invece le ore 17.20 quando l’imputato Francesco Lopreiato di San Gregorio d’Ippona, cognato dell’altro imputato Salvatore Patania di Stefanaconi, dalla gabbia dell’aula bunker del Tribunale di Vibo interrompe la deposizione in video-collegamento di Loredana Patania per “aprostrofarla” con frasi ingiuriose e pesanti insulti. Il Tribunale ne ha disposto l’immediato allontanamento dall’aula ad opera della polizia penitenziaria, ma mentre ciò avveniva ne è nato un “battibecco” con Loredana Patania che, sentendo le offese, ha risposto all’imputato definendolo “scostumato” e privo di educazione.

tribunale toga aula

Le conferme e le contestazioni della difesa. Diverse le conferme da parte della Patania rispetto a quanto già dichiarato in aula nella precedente udienza e nei verbali, ad iniziare dai ruoli di alcuni imputati all’interno dell’ipotizzato clan di Stefanaconi. Ma anche tante contestazioni  da parte delle difese, diversi “non ricordo” e alcune versioni differenti rispetto ai verbali. Rispondendo alle domande dell’avvocato Aldo Ferraro, la collaboratrice di giustizia ha infatti dichiarato che dopo l’omicidio di suo marito Giuseppe Matina (avvenuto nel febbraio 2012), il maresciallo Sebastiano Cannizzaro “per far capire a Giuseppina Iacopetta, vedova del boss Fortunato Patania, che il delitto era stato compiuto, passò con l’auto in piazza a Stefanaconi a sirene spiegate”. Secca la domanda del legale: “Ma come avrebbe fatto la Iacopetta a sapere che tali sirene significavano che Matina era stato ucciso”? Questa la risposta di Loredana Patania: “Per me si erano messi d’accordo, l’omicidio di mio marito è stato voluto dal maresciallo Cannizzaro perchè lui a Giuseppe Matina non lo poteva vedere”. Accuse gravi, sulle quali la Patania ha parlato sul punto di sue “convinzioni personali” e dove è bene precisare che in nessuna inchiesta viene mossa una simile accusa al maresciallo Cannizzaro in riferimento all’omicidio di Giuseppe Matina. “Mi perseguitava – ha poi aggiunto la Patania riferendosi a Cannizzaro – perchè voleva sapere da me dove era seppellito il cadavere di Michele Penna, l’assicuratore di Stefanaconi vittima della lupara bianca. Il maresciallo mi ha ritirato la patente per delle infrazioni al codice della strada, mi ha sequestrato la casa perchè stavo facendo dei lavori abusivi e mi ha messo una microspia dentro l’abitazione vicino la cornice di un quadro. Erano per me dei provvedimenti legittimi a norma di legge, ma li consideravo anche dei grandi abusi perchè così facendo il maresciallo voleva solo mettermi pressioni per ritrovare il cadavere di Penna prima che lo facessero i carabinieri del Nucleo investigativo di Vibo”.

stefanaconi

Deduzioni della collaboratrice anche per i dialoghi fra don Salvatore Santaguida, i fratelli Patania e Giuseppina Iacopetta (madre dei fratelli Patania) ai quali la collaboratrice ha oggi riferito di “non aver mai assistito direttamente” al pari dei “colloqui fra Cannizzaro e i fratelli Patania che mi ha invece riferito mio marito Giuseppe Matina”, poi ucciso nel febbraio 2012. Quindi la vicenda delle telecamere in piazza a Stefanaconi che, secondo quanto riferito dalla Patania per averlo a sua volta appreso dal suo attuale compagno Daniele Bono (pure lui collaboratore di giustizia), dovevano essere spostate per permettere ai Patania di uccidere il rivale Franco Calafati senza essere ripresi. Su contestazione dell’avvocato Enzo Galeota è quindi emerso che in un primo verbale la collaboratrice ha dichiarato che don Santaguida avrebbe prestato il consenso per tale fatto di sangue, con i killer che dopo l’omicidio avrebbero dovuto guadagnarsi la via di fuga entrando in chiesa. Quindi l’esistenza di un secondo verbale dove Loredana Patania ha poi dichiarato che don Santaguida si sarebbe ritirato da tale progetto di morte “perchè era un prete ed aveva paura del giudizio della gente, della figura che avrebbe fatto con la cittadinanza se scoperto”. Ma chi avrebbe detto di tale “cambiamento di idea del sacerdote alla collaboratrice” – ha quindi chiesto la difesa? Questa la risposta di Loredana Patania: “Non lo ricordo”.

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In ordine invece al taglio di mille alberi di ulivo tagliati a Sant’Onofrio alla cooperativa agricola Talitha Kumi di cui faceva parte anche don Santaguida, Loredana Patania ha affermato essere avvenuto “con certezza prima della scomparsa di Michele Penna che è del 2007”, ma tale intimidazione è in realtà avvenuta nel novembre 2011.

Contraddizioni pure in ordine alla persona da cui avrebbe appreso delle intercettazioni sulla Renault Clio di Giuseppe Patania e, soprattutto, sulla notizia di una perquisizione dei carabinieri nel capannone dei Patania. Nel verbale reso dinanzi agli inquirenti e poi confermato nel processo “Gringia” celebrato in Assise a Catanzaro, la collaboratrice ha infatti affermato di aver “assistito alla perquisizione”, mentre oggi in aula ha dichiarato di “non essere andata a tale perquisizione”. La notizia della perquisizione sarebbe stata riferita a Loredana Patania dal cugino “Pino Patania” secondo quanto dichiarato a verbale dalla collaboratrice di giustizia, mentre oggi in aula Loredana Patania ha dichiarato di averla appresa dalla zia Giuseppina Iacopetta.

cappello carabinieri

Il nome all’operazione “Gringia”. E’ poi oggi emerso pure un particolare sinora inedito. Sollecitata dall’avvocato Pasqualino Patanè a spiegare come mai la collaboratrice di giustizia disponesse di un numero di telefonino appartenente ai carabinieri del Nucleo Investigativo di Vibo, Loredana Patania ha testualmente affermato: “Oltre al fatto che mi avevano detto che potevo chiamarli in caso di problemi sia io quanto i miei familiari, ricordo di aver parlato con tale numero poichè i carabinieri del Nucleo Investigativo mi chiamarono e mi dissero che il magistrato aveva intenzione di chiamare l’operazione sugli omicidi, che coinvolgeva i Patania con il nome di “Gringia”. Mi chiesero se potevano chiamarla in tale modo o se la cosa avesse invece potuto darmi fastidio, visto che con questo nome veniva apostrofato mio marito. Dissi loro – ha raccontato oggi la Patania – che per me non c’era alcun problema e che tale nome all’operazione mi stava bene, anche se Gringia era il soprannome che il maresciallo Cannnizzaro aveva dato a mio marito”.

Bruno Patania

Bruno Patania

Le dichiarazioni di Bruno Patania, ex assessore a Gerocarne. E’ toccato alla fine all’imputato Bruno Patania, nel corso di dichiarazioni spontanee, ricordare in aula di aver ricoperto negli scorsi anni il ruolo di assessore al Comune di Gerocarne. “Se mio padre Fortunato Patania era davvero un mafioso – ha domandato Bruno Patania al Tribunale – com’è stato possibile che io abbia svolto tranquillamente per diverso tempo il ruolo pubblico di assessore comunale senza che nessuno, dalla Prefettura in giù, intervenisse?”. Domande a cui, probabilmente, più che il Tribunale dovrebbe rispondere sopratutto la politica vibonese. Sulla cugina Loredana Patania, invece, Bruno Patania ha dichiarato che la stessa avrebbe “truffato mezza Calabria con il suo negozio di generi alimentari a Sant’Angelo di Gerocarne. Ho cercato di aiutarla persino prestandogli l’auto – ha concluso l’imputato – ma lei continua ora a definirci come dei “morti di fame”. Ma lei, alla fine, chi è? Non certo la figlia di un petroliere….”. Terminato il “Bruno Patania-pensiero” con le dichiarazioni spontanee, l’udienza è stata rinviata al 7 dicembre quando deporrà, fra gli altri, il capitano dei carabinieri Stefano Di Paolo, citato quale teste nel processo anche dalla difesa del maresciallo Sebastiano Cannizzaro.

‘Ndrangheta: “Romanzo criminale” a Vibo, Loredana Patania depone per  cinque ore

Gli imputati. Ad essere accusati del reato di associazione mafiosa sono: Giuseppina Iacopetta, ritenuta al vertice della cosca dopo l’uccisione del marito, Fortunato Patania, freddato nel settembre 2011 durante la faida con i Piscopisani; i figli Salvatore, Saverio, Giuseppe, Nazzareno e Bruno Patania; Andrea Patania; Cosimo e Caterina Caglioti; Nicola Figliuzzi; Cristian Loielo; Alessandro Bartalotta; Francesco Lo Preiato; Ilya Krastev. L’ex maresciallo dei carabinieri, già alla guida della Stazione di Sant’Onofrio, Sebastiano Cannizzaro, è invece accusato di falso e concorso esterno in associazione mafiosa. Tale ultimo reato viene contestato anche a don Salvatore Santaguida, parroco di  Stefanaconi.

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  In basso da sinistra verso destra: Giuseppe Patania, Bruno Patania, Andrea Patania, Cosimo   Caglioti

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