Cronaca

‘Ndrangheta: Cassazione conferma sorveglianza speciale per boss Luigi Mancuso

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I giudici della Suprema Corte rigettano il ricorso del capo dell’omonimo clan di Limbadi, attualmente irreperibile, e confermano pure l’obbligo di soggiorno

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Rigettato dalla Suprema Corte il ricorso del boss della ’ndrangheta, Luigi Mancuso, 62 anni, ritenuto al vertice dell’omonimo clan di Limbadi, nel Vibonese, e fra i capi storici ed indiscussi dell’intera organizzazione criminale calabrese. Il ricorso era stato presentato da Luigi Mancuso avverso il decreto con il quale la Corte d’Appello di Catanzaro ha confermato il provvedimento con cui il Tribunale di Vibo Valentia, in data 12 agosto 2014, aveva rigettato l’istanza di revoca della misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, con obbligo di soggiorno.

tribunale toga aula

Luigi Mancuso, attraverso il ricorso, aveva lamentato in Cassazione violazioni di legge e vizi di motivazione, sul presupposto che il giudice della prevenzione avrebbe dovuto sospendere, all’indomani della pronuncia della sentenza n. 291 del 2013 da parte della Corte Costituzionale, l’esecuzione della disposta misura di prevenzione e valutare nuovamente l’attualità della pericolosità sociale di Mancuso sulla base “di quanto desumibile in favore del sottoposto dall’esperienza di carcerazione patita”, trattandosi di  una misura di prevenzione eseguita a distanza di oltre quindici anni dalla sua adozione.

Luigi Mancuso

Luigi Mancuso

Anche il sostituto procuratore generale della Cassazione, Piero Gaeta, aveva chiesto alla Cassazione l’annullamento con rinvio del decreto per un nuovo esame. La Suprema Corte non è stata però di questo avviso ed ha respinto il ricorso di Luigi Mancuso disattendendo anche la richiesta del sostituto procuratore generale. Con motivi aggiunti, l’avvocato Salvatore Staiano aveva inoltre fatto presente ai giudici della Cassazione che il Tribunale di Vibo Valentia, con sentenze emesse il 16 aprile ed il 12 novembre 2015 aveva assolto Luigi Mancuso dall’accusa di violazione della sorveglianza speciale e quindi anche i giudici della prevenzione avrebbero dovuto tenere conto della mancanza di attualità della pericolosità sociale del boss di Limbadi.

La Cassazione ha tuttavia spiegato nelle sue motivazioni che in “materia di misure di prevenzione il ricorso per cassazione può essere proposto soltanto per violazione di legge, in cui sono compresi i vizi di mancanza della motivazione e di motivazione apparente, sicché è inammissibile il ricorso con cui vengano denunciati i vizi di contraddittorietà o di illogicità manifesta della motivazione”.

Corte di Cassazione

Per la Suprema Corte, la corte di appello di Catanzaro, lungi dall’adottare una motivazione inesistente o apparente, ha puntualmente disatteso le singole doglianze difensive riportate nei motivi di ricorso, sottolineando, con approfondita ed articolata motivazione,la sussistenza, nel caso in esame, di tutti i presupposti di legge per l’applicazione della misura di prevenzione nei confronti di Luigi Mancuso

Anche la concessione della liberazione anticipata – concessa a Mancuso poichè la sua condotta è stata rispettosa delle regole penitenziarie pur essendo stato sottoposto al regime del carcere duro, costituiscono “vicende circoscritte all’ambito penitenziario, non dotate di quel pregnante valore sintomatico – conclude la Cassazione – che sarebbe stato necessario per dimostrare l’avvenuto recesso del ricorrente dal sodalizio mafioso di appartenenza”.

Luigi Mancuso, in ogni caso, da ottobre 2014 risulta irreperibile, pur non essendo stato emesso nei suoi confronti alcun provvedimento giudiziario. Condannato nei processi nati dalle operazioni “Tirreno” (Dda di Reggio Calabria) e “Count down” (Dda di Milano) per associazione mafiosa e traffico di stupefacenti, Luigi Mancuso è stato detenuto ininterrottamente dal 3 giugno 1993 per ben 19 anni. (g.b.)

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