Cronaca

Giustizia per Filippo Ceravolo, vittima di mafia. Papà Martino in catene a Catanzaro

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A quattro anni dal delitto impunito che ha sconvolto l’intera comunità vibonese, il padre del ragazzo ucciso per errore chiede alla Dda la riapertura del caso 

di GIUSEPPE BAGLIVO

E’ partito da Soriano Calabro alla volta di Catanzaro prima dell’alba Martino Ceravolo, il papà di Filippo, ucciso per errore in un agguato avvenuto il 25 ottobre del 2012 a Pizzoni, in provincia di Vibo. Nel 2014 Filippo Ceravolo è stato riconosciuto vittima di mafia. Papà Martino si trova attualmente in piazza Matteotti a Catanzaro dinanzi all’ingresso del vecchio palazzo di giustizia, sede della Corte d’Appello ma, soprattutto, sede della Procura distrettuale antimafia.

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La stessa Dda che negli scorsi mesi ha prima chiesto, e poi si è vista accogliere dal gip, l’archiviazione nei confronti di due soggetti sospettati di aver preso parte all’agguato nei confronti del 28enne di Soriano Calabro, Domenico Tassone, costato la vita al 19enne Filippo Ceravolo che nulla aveva a che spartire con il reale obbiettivo dei sicari.

Papà Martino è stanco. Stanco di una giustizia che non arriva, stanco di lottare contro tutto e tutti. Stanco delle promesse da parte di quello Stato che, nei fatti, l’ha lasciato solo.

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Per questo si è incatenato, per richiamare l’attenzione sul caso di Filippo e perché, da padre, non riesce ad accettare che gli assassini del figlio siano in giro totalmente impuniti e possano ancora fare del male.

“Se sono qui lo devo a Filippo – ci spiega – ed alla sua memoria. Lui mi guarda dall’alto ed io chiedo solo che venga fatta giustizia. Sono passati quattro anni dal suo omicidio. Ho sempre creduto fermamente nel lavoro di magistrati e carabinieri, ma non posso accettare che il caso di Filippo sia chiuso.

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Nelle Preserre vibonesi si sono registrati diversi omicidi e gli autori sono tutti liberi. Mi era stato detto di avere pazienza perché i risultati investigativi sarebbero arrivati. Ma ho visto solo un’archiviazione. Non si può vivere così, chiedo alla Dda di Catanzaro di riaprire il caso di Filippo, oppure mi indichino loro cosa fare, sono allo stremo delle forze ma non mi arrendo. Per questo stamattina sono qui: per mantenere alta l’attenzione affinchè nessun altro come me sia costretto a piangere un figlio adorabile come lo era Filippo e affinchè venga fatta giustizia. Non chiedo altro”.

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Filippo Ceravolo è stato riconosciuto vittima di mafia dal Ministero dell’Interno nell’ottobre 2014. La stessa archiviazione del caso per mancata individuazione dei responsabili o meglio, per mancanza di elementi tali da portare in giudizio o chiedere misure cautelari nei confronti dei sospettati, parla di un delitto che ha “sconvolto un’intera comunità”. Non sono mancate in questi anni le manifestazioni di solidarietà da parte dell’intero paese verso la famiglia Ceravolo, il suo caso ha commosso tutta la Calabria e mezza Italia. Pure papa Francesco ha avuto parole di conforto per papà Martino. Nella “latitanza” di molti politici calabresi, accanto a Martino Ceravolo, anche don Ciotti e l’onorevole Doris Lo Moro ma, soprattutto, tanti giovani che il sorriso di Filippo non l’hanno mai dimenticato. “Archiviando il caso di Filippo – spiega il papà Martino – hanno ucciso un innocente due volte. Voglio la verità e gli assassini di Filippo devono essere assicurati alla giustizia e mandati in carcere. La ‘ndrangheta non ha rispetto neppure per le donne ed i bambini, ammazza senza guardare in faccia nessuno”.

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Nel cortile della scuola media di Soriano Calabro gli alunni hanno piantato un albero in ricordo di Filippo, mentre al ragazzo il paese ha dedicato pure un monumento. Quando Filippo è stato ucciso, l’intero paese si è fermato, niente luci a Natale e nessuna iniziativa popolare. Tutti a piangere una vita spezzata ingiustamente. E Filippo è diventato il “figlio di tutti”. Per capire di quale affetto e di quale stima goda la famiglia Ceravolo, basta fare un giro al mercato settimanale di Vibo Valentia dove ogni sabato le persone non smettono di abbracciare papà Martino nella sua bancarella di dolciumi e salami. “Sono qui a Catanzaro perché io, mia moglie e la mia famiglia non abbiamo più pace. Filippo era tutto per noi e non riusciamo ad accettare che il suo caso venga archiviato. Un padre non può dimenticare. Non mi muoverò da qui senza risposte da parte dei magistrati della Dda e so di avere il sostegno di un’intera comunità. Quella pulita, quella stanca di una ‘ndrangheta che ti toglie il futuro e ti spezza il cuore”.

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