Cronaca

‘Ndrangheta: Mantella vuota il “sacco” e svela gli affari dei Mancuso nel Vibonese

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Il neo collaboratore di giustizia tira in ballo pure i Bonavota di Sant’Onofrio, gli Anello di Filadelfia, i Lo Bianco-Barba di Vibo, i Fiarè di San Gregorio e diversi imprenditori

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di GIUSEPPE BAGLIVO

Sono ancora coperte da numerosi omissis la gran parte delle dichiarazioni rese dal vibonese Andrea Mantella agli inquirenti della Dda di Catanzaro (procuratori Nicola Gratteri e Giovanni Bombardieri e pm Camillo Falvo) che lo stanno ascoltando ed interrogando dopo la decisione dell’ex “rampollo” del clan Lo Bianco, divenuto negli ultimi anni sempre più autonomo, di passare fra le fila dei collaboratori di giustizia. Dalle dichiarazioni non più coperte da omissis si comprende tuttavia la portata della collaborazione che, se ben sfruttata dalla Dda, potrebbe scoperchiare più di un “santuario” a Vibo Valentia e provincia. Mantella conosce molti aspetti delle dinamiche criminali del Vibonese e non solo. Sul clan Lo Bianco di Vibo Valentia e sul clan Mancuso di Limbadi e Nicotera in primis. Ma anche sui Bonavota di Sant’Onofrio, i Fiarè di San Gregorio d’Ippona, gli Anello di Filadelfia, i Cracolici di Maierato ed i Giampà di Lamezia Terme. E’ inserito da oltre 20 anni nei circuiti della ‘ndrangheta che conta, Andrea Mantella. Quella ‘ndrangheta che non ci pensa due volte ad estrarre la pistola per imporre la propria forza e macinare denaro in gran quantità.

Mantella

Andrea Mantella

Pantaleone Mancuso

Pantaleone Mancuso

Denaro contante, come quei 37.500 euro che Mantella dichiara di aver ricevuto direttamente dal boss Pantaleone Mancuso, detto “Scarpuni”, quale percentuale che gli era stata riconosciuta per dei lavori eseguiti a Vibo Valentia, la “sua” città. Nell’occasione Mantella racconta di aver mandato a dire al boss Pantaleone Mancuso (“Scarpuni”) di estromettere dall’affare persino i Lo Bianco-Barba al fine di non fare “brutta figura” su Vibo.

Francesco Barba

Franco Barba

Gli imprenditori chiamati in “causa” da Mantella. Oltre a Francesco Michele Patania, detto “Cicciobello”, parente dello stesso Mantella ed in passato anche vicepresidente della vibonese-calcio, il collaboratore di giustizia chiama in “causa” l’imprenditore di Vibo Valentia, Filippo Colacchio, il quale non sarebbe stato “toccato” da nessun clan con richieste di “mazzette” sol perchè – secondo Mantella – intimo amico del boss di Limbadi Antonio Mancuso per conto del quale, a dire del collaboratore di giustizia, avrebbe riciclato del denaro “prestandosi a fare da prestanome per l’intestazione di appartamenti e terreni”. Tali circostanze, Andrea Mantella dichiara agli inquirenti di averle apprese dal proprio cognato Antonio Franzè, da Carmelo Lo Bianco, dal defunto Raffaele Cracolici e da Franco Barba. In un’occasione Mantella racconta inoltre di aver finito un suo appartamento con materiale prelevato da Colacchio ma senza pagare alcunchè. Anche Francesco Michele Patania (detto “Ciccio bello”) sarebbe stato, secondo Mantella, un imprenditore nelle mani di Antonio Mancuso, oltre che collocato al vertice del clan Lo Bianco e dallo stesso Mantella portato in “copiata” all’atto della sua affiliazione alla ‘ndrangheta. Proprio perchè legato ad Antonio Mancuso, il boss del Poro Raffaele Fiamingo avrebbe invitato Andrea Mantella a compiere dei danneggiamenti ai danni di Francesco Michele Patania.

Andrea Mantella

Il neo collaboratore di giustizia indica poi Gaetano Staropoli quale soggetto che sarebbe stato sotto usura da parte di Giovanni Mancuso, mentre il costruttore Guastalegname – secondo Mantella – avrebbe pagato l’estorsione a “Scarpuni” attraverso Gregorio Giofrè di San Gregorio d’Ippona (genero del boss Rosario Fiarè). Ad avviso di Andrea Mantella, una volta arrestati Pantaleone Mancuso, alias “Scarpuni” nell’operazione “Dinasty” e lo stesso Giofrè nel 2005 nell’operazione antimafia denominata “Rima”,  l’imprenditore Guastalegname – impegnato nella realizzazione di  numerosi immobili sulla via Nazionale di Pizzo Calabro – avrebbe invece pagato l’estorsione ai Bonavota di Sant’onofrio ed agli Anello di Filadelfia. In subappalto con Guastalegname, secondo il neo collaboratore di giustizia, avrebbe lavorato anche Rosario Lo Bianco, cugino dello stesso Mantella.

Francesco Mancuso

Francesco Mancuso

Cosmo Michele Mancuso

Cosmo M. Mancuso

Il tentato omicidio di Francesco Mancuso “Tabacco”. Andrea Mantella conferma poi quanto già emerso nell’operazione “Dinasty” circa il fatto che in caso di contrasti fra le diverse articolazioni del clan Mancuso a “morire dovevano essere sempre gli estranei alla famiglia, ma mai i Mancuso stessi”. Concetto quest’ultimo spiegato dal boss Diego Mancuso in carcere al nipote Domenico (figlio del boss Giuseppe Mancuso) durante i colloqui carcerari, ma che Andrea Mantella racconta di essere stato ripetuto pure dal boss Antonio Mancuso, zio di Francesco, alias “Tabacco”. Quest’ultimo nel luglio del 2003 rimase ferito nel corso di un agguato, avvenuto a Spilinga, in cui perse la vita il boss di Rombiolo, Raffaele Fiamingo, suo alleato. A far definitivamente saltare gli equilibri all’interno della “famiglia” Mancuso, secondo Andrea Mantella, sarebbe stato il danneggiamento ad un panificio di Spilinga di proprietà di un parente di Antonio Pronesti, alias “Yo-Yo”, personaggio già coinvolto nell’operazione “Dinasty” e che Mantella indica come “azionista” per conto dei boss Pantaleone Mancuso (“Scarpuni”) e Luigi Mancuso.

Diego Mancuso

Diego Mancuso

Luigi Mancuso

Luigi Mancuso

Due le fazioni della “famiglia” di Limbadi e Nicotera che, secondo Mantella (ma la circostanza era emersa chiaramente anche nel processo “Dinasty”), all’epoca si scontrarono: da un lato Francesco Mancuso (detto “Ciccio Tabacco”), Raffaele Fiamingo e Diego Mancuso che avrebbero portato avanti la posizione del boss Giuseppe Mancuso (cl. ’49) detenuto in quanto condannato all’ergastolo (poi tramutato in 30 anni di reclusione) al termine dell’operazione della Dda di Reggio Calabria denominata “Tirreno”; dall’altro lato la fazione di Pantaleone Mancuso (“Scarpuni”) e Antonio Prenesti che, ad avviso di Mantella, avrebbero portato avanti gli interessi del boss Luigi Mancuso (anche lui all’epoca detenuto per l’operazione “Tirreno”, oltre che per “Count down”). A cercare di mantenere la pace fra i due opposti schieramenti mafiosi, secondo Andrea Mantella, sarebbero stati i fratelli Antonio, Giovanni, Cosmo Michele e Pantaleone Mancuso “Vetrinetta”.

Su tali circostanze, Andrea Mantella verrà sentito a settembre in video-conferenza nel processo “Black money” contro il clan Mancuso (che vede imputati, fra gli altri anche Antonio e Giovanni Mancuso) in corso di celebrazione a Vibo Valentia dinanzi al Tribunale collegiale.

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