Cronaca

Omicidio dell’ex sindaco di San Calogero, storia di un delitto impunito

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Sedici anni fa, esattamente l’11 luglio del 2000, nella piazza principale del comune del Vibonese veniva ucciso Pasquale Grillo, consigliere provinciale e già primo cittadino

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di GIUSEPPE BAGLIVO

Sono da poco passate le 16:30, ed in piazza Municipio a San Calogero un uomo è seduto tranquillamente su una panchina. E’ martedì 11 luglio del 2000 e nessuno immagina quel che da lì a poco succederà. Una persona a viso scoperto si avvicina a quell’uomo di mezza età ed inizia a sparare: uno, due, tre colpi. La vittima designata fa in tempo ad alzarsi dalla panchina e fuggire, cerca rifugio nel bar di fronte, ma è tutto inutile. Il killer lo insegue e spara altri colpi, poi fugge via di corsa, a bordo di un’auto. Il tutto si consuma in pochi minuti e per San Calogero è il giorno più nero della sua storia recente. Per terra giace infatti un cadavere eccellente, quello dell’ex sindaco del paese Pasquale Grillo, una vera autorità politica nel piccolo centro del vibonese e, dal giugno del 1999, consigliere provinciale di Vibo in quota Sdi.

carabinieri omicidio

La scena che si presenta dinanzi ai carabinieri diretti dal maresciallo Maurizio Giliotta è agghiacciante. I militari dell’Arma rinvengono per terra tredici bossoli di pistola calibro 9, sul posto arrivano da Vibo il colonnello Prestigiacomo ed il maggiore Donato, mentre per la Mobile giungono l’allora vicequestore aggiunto Giuseppe Gualtieri e l’ispettore Carmelo Pronestì. Le indagini vengono direttamente coordinate dall’allora procuratore di Vibo, Alfredo Laudonio. Un’ambulanza del 118, nel frattempo, provvede a trasportare in ospedale Nicola Maccarone, ferito accidentalmente durante la sparatoria mentre si trovava seduto davanti al bar. Un silenzio irreale cala nella piazza del paese ed in tanti osservano le operazioni degli investigatori che coprono con un lenzuolo bianco  il corpo senza vita di Pasquale, “Pasqualino” per tutti, Grillo.

fascia tricolore

Ma chi era Pasquale Grillo? Cinquantuno anni, sposato e padre di tre figli, Pasqualino aveva una passione innata per la politica. Da sempre socialista, era stato sindaco di San Calogero dal 1990 al 1995. Nel giugno del 1999 il salto in Consiglio provinciale nelle fila dello Sdi, consigliere di maggioranza durante la prima amministrazione guidata da Gaetano Bruni, ed un’aspirazione non celata a diventare presidente del Consiglio provinciale di Vibo in occasione del primo rimpasto politico utile.

Ai funerali di “Pasqualino” partecipano oltre quattromila persone, fra semplici cittadini ed esponenti della politica provinciale e regionale. L’omicidio di Pasquale Grillo resta ad oggi un delitto impunito.

squadra mobile

Le inchieste antimafia ed i riferimenti all’omicidio Grillo. E’ l’inchiesta “Golden Jail”, portata avanti dalla Dda di Bologna sul reinvestimento dei capitali illeciti dei narcotrafficanti Francesco Ventrici e Vincenzo Barbieri, quest’ultimo ucciso a San Calogero il 12 marzo 2011, ad offrire molti spunti investigativi per decifrare l’omicidio di Pasquale Grillo. Gli atti sono passati anche alla Dda di Catanzaro per un troncone processuale che si sta celebrando dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia in relazione alle auto di lusso del broker della cocaina, Vincenzo Barbieri, che sarebbero state intestate fittiziamente ad alcuni ragazzi vibonesi. La sentenza è attesa per il 22 luglio prossimo. Per tutti gli imputati, il pm della Dda di Catanzaro, Saverio Vertuccio, ha chiesto la condanna a 3 anni di reclusione a testa.

Tribunale Bologna

Le intercettazioni ambientali di “Golden Jail” e gli omicidi di San Calogero. Si tratta di conversazioni ambientali che, se ben decifrate, potrebbero riaprire i fascicoli su quattro omicidi – tre dei quali irrisolti -, fra i quali proprio quello “eccellente” dell’ex sindaco di San Calogero ed ex consigliere provinciale dello Sdi, Pasquale GrilloE’ il 16 luglio 2010 e in un appartamento di Bologna gli inquirenti ascoltano una conversazione ambientale fra l’allora 26enne di San Calogero Francesco Ventrici – solo omonimo del più noto narcotrafficante – e Concetta Santacroce, all’epoca di 24 anni, di Vibo Valentia, tuttora imputata nel processo “Golden Jail” a Vibo.

Vincenzo Barbieri

Vincenzo Barbieri

Il 26enne Ventrici, che spiega di essere legato a Vincenzo Barbieri, nella conversazione fa riferimento a <<suo cugino Massimo, fratello dell’ex boss di San Calogero che hanno ammazzato>>, spiegando alla Santacroce di non averlo voluto incontrare perché <<Massimo con Barbieri va “allo spunto”>>, cioè non va d’accordo. Ventrici rimarca poi che il fratello di Massimo <<era il boss che comandava Calimera e San Calogero, era il capo>>. Barbieri, secondo il giovane Ventrici, sarebbe stato quindi un sodale del gruppo <<del boss, il mio parente, quello che ha messo i soldi, ha anticipato tutto per portare 5.500 chili di cocaina nei blocchi di marmo. Quando però lui è morto i soldi, che gli altri hanno fatto lo stesso, non sono arrivati per la sua famiglia e quindi la famiglia del boss ce l’ha a morte con Vincenzo >>.

San Calogero -

Tale conversazione troverebbe riscontri in un dialogo finito agli atti di altra inchiesta della Dda di Bologna, quella denominata “Due torri connection”, dove ad essere intercettato è stato Salvatore Vecchio, 54 anni, di San Calogero, <<fratello del pluripregiudicato Vecchio Gennaro, assassinato a San Calogero nel 2001>>, mentre altro fratello di nome <<Massimo stava in Svizzera col compito di prelevare il denaro e portarlo giù>>. Anche Salvatore Vecchio, infatti, il 20 ottobre 2011 si sarebbe lamentato con un indagato dell’inchiesta “Decollo” del fatto che <<Barbieri e Ventrici avevano avuto scarsa attenzione verso la sua famiglia>> dopo la morte di Gennaro Vecchio. Ventrici (cl. ’86) parlando con la Santacroce, offre quindi la sua chiave di lettura su tre omicidi, spiegando che il boss di San Calogero <<l’hanno ammazzato perché l’anno prima lui aveva ammazzato uno a San Calogero davanti a tutti, davanti al bar e il fratello di questo per vendicarsi ha pagato ad uno, ad uno scemo così, a cui ha dato 50 milioni per ammazzare. Poi quello là che ha ammazzato a lui è morto pure. C’è stato un macello di persone, ti parlo del 2001>>.

pistola

Ventrici non fa nomi nella conversazione, che è quindi suscettibile delle più diverse interpretazioni. Tuttavia vi sono dei dati storici ed oggettivi. L’unico omicidio consumato negli ultimi 15 anni davanti ad un bar a San Calogero e <<davanti a tutti >> – per come afferma Ventrici (cl. ’86) – è quello “eccellente” di Pasquale Grillo, ucciso l’11 luglio del 2000. Se il parente <<boss di San Calogero>> indicato da Ventrici è davvero Gennaro Vecchio, sarebbe quindi quest’ultimo ad aver ucciso Pasquale Grillo <<ammazzato l’anno prima>>? Altri dati oggettivi: il 7 settembre 2001 viene ucciso Gennaro Vecchio, il 25 ottobre 2001 nelle campagne di “Barbasana” di Candidoni viene invece fatto fuori Domenico Scuteri, 45 anni, di San Calogero, che in quella zona possedeva una masseria. L’omicidio di Scuteri è la risposta al delitto di Vecchio? Lo <<scemo così>> di cui parla Ventrici alla Santacroce e che avrebbe ricevuto <<50 milioni>> per ammazzare l’ex boss di San Calogero, è Scuteri? Ipotesi, dubbi mai sciolti, a cui va ad aggiungersi la rilettura della sentenza che ha condannato all’ergastolo Ottavio Galati – fratello dell’ex boss di Comparni di Mileto, Carmine Galati – , ritenuto uno dei killer di Scuteri. E’ infatti provato che il 25 ottobre 2001 Ottavio Galati sparò contro Scuteri, ma sul movente non è mai stata fatta luce, così come sul fatto che quella stessa sera a “Mutari” di Francica venne scaraventato da un’auto in corsa il cadavere di Gennaro Trungadi, 33 anni, di Joppolo. Trungadi e Galati – quest’ultimo arrivato all’ospedale di Reggio con ferite di arma da fuoco che il processo accerterà essere state provocate dalla pistola di Scuteri – si trovavano insieme? Vero è che non esiste alcun atto che abbia mai segnalato un qualunque contrasto fra Galati ed il gruppo Vecchio- Barbieri- Ventrici, il che fa presumere che i rapporti siano sempre stati buoni. Il 17 aprile 2002, inoltre, l’ex “infiltrato” del Ros Bruno Fuduli – interrogato dai pm Salvatore Curcio e Carla Canaia nell’inchiesta “Decollo” – ha riferito che a Bologna Barbieri e Ventrici gli raccontarono che chi aveva ammazzato Gennaro Vecchio era stato a sua volta ucciso con quasi cento colpi di arma da fuoco.

carabinieri Ros

L’unico fatto di sangue – dopo l’omicidio di Vecchio – avvenuto nel 2001 con l’esplosione di numerosi colpi di pistola e fucile, caricato a pallettoni, è quello di Domenico Scuteri. Il colonnello del Ros, Giovanni De Chiara, infine, deponendo il 2 luglio 2010 a Vibo nel processo “Decollo”, ha spiegato che Vecchio era stato ucciso <<per un regolamento di conti legato a “cose paesane”>>, scartando dunque la pista del narcotraffico e sottolineando che Francesco Ventrici, molto legato a Vecchio, spaventato per l’omicidio andò a dormire per un certo periodo in una casa di campagna che per il pentito Fuduli era quella di Raffaele Fiamingo, il boss del Poro ucciso il 10 luglio del 2003 a Spilinga.

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L’inchiesta “Rima” e l’omicidio Grillo.  Non ci sono tuttavia solo le conversazioni della Squadra Mobile di Bologna ad offrire una chiave di lettura dell’omicidio “eccellente” di Pasquale Grillo, ma anche alcune intercettazioni effettuate nel dicembre del 2002 dal Reparto operativo dei carabinieri di Vibo e confluite nell’ordinanza dell’operazione “Rima”, scattata nel 2005 e condotta dai pm della Dda, Patrizia Nobile prima, e Marisa Manzini poi. Il gip distrettuale di Catanzaro, Abgail Mellace, nell’ordinanza valorizza infatti le intercettazioni ambientali fra gli imprenditori Francesco Michelino Patania, già dirigente della “Vibonese calcio”, ed Antonio Gentile, già presidente provinciale di Confindustria Vibo. Trovandosi in macchina, il gip spiega che <<i due parlano dei rapporti di Gentile con membri della famiglia Mancuso e nella fattispecie Gentile riferisce di essersi recato a pranzo a casa di Ciccio e che ogni volta che si recava a Limbadi, subito questi venivano a saperlo. Il Gentile – sottolinea il gip – commendando la probabile realizzazione di un villaggio riferisce di aver acquistato dei terreni a Zambrone ed all’acquisto di detti terreni era stato pure interessato tale Luni Mancuso, al punto che questi avrebbe consegnato a Grillo Pasquale di San Calogero, vittima di agguato mortale, la somma di 40 milioni di lire affinchè contrattasse l’acquisto dei terreni>>.

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Gli inquirenti sul punto non riescono unicamente a capire di quale Luni Mancuso – posto che nella “famiglia” di Limbadi ce ne sono tre – si parlasse nella conversazione. <<Ciccio>> viene invece identificato nel boss Francesco Mancuso, alias “Tabacco”, mentre che Pasquale Grillo lavorasse quale intermedatario finanziario nella compravendita di terreni era notorio. In ogni caso, uno strano destino avrebbe “legato” alcuni dei protagonisti di tale conversazione ed alcuni investigatori impegnati all’epoca nelle indagini sull’omicidio di Pasquale Grillo. Sul luogo dell’agguato, oltre ai vertici dell’Arma dell’epoca – il colonnello Prestigiacomo ed il maggiore Donato – arrivarono infatti pure i carabinieri diretti dall’allora maresciallo Maurizio Giliotta. A coordinare le indagini, invece, l’ex procuratore Alfredo Laudonio. Tre anni dopo, esattamente il 18 ottobre 2003, Maurizio Giliotta, Antonio Gentile e Francesco Mancuso finiranno in un’informativa di reato dei carabinieri della Stazione di Vibo, firmata dal luogotenente Nazzareno Lopreiato, da cui nascerà l’inchiesta antimafia della Dda denominata “Minosse 2”. La posizione di Gentile verrà archiviata, Giliotta e Mancuso, invece, rinviati a giudizio. Giliotta l’11 luglio 2013 è stato poi condannato a 5 anni per corruzione aggravata dall’aver agevolato il clan Mancuso ed è in attesa del giudizio d’appello, mentre Mancuso è stato in parte assolto ed in parte prescritto. A dare il via alle indagini, le intercettazioni sull’auto di Gaetano Comito, al tempo stesso cognato di Antonio Gentile e “compare” di Ciccio Mancuso, anche lui (Comito) fra i condannati in primo grado di “Minosse 2”. Francesco Michelino, detto “Ciccio”, Patania, è stato invece assolto nel processo nato dall’operazione antimafia “Nuova Alba”.