Cronaca

Alluvione Vibo, teste del pm: “Abusivismo in contrada Sughero contribuì al disastro”

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Contrada Sughero e Zufrò da zone agricole trasformate in zone residenziali in spregio alla normativa urbanistica e che hanno finito per aggravare il disastro del 3 luglio 2006 

di GIUSEPPE BAGLIVO

E’ stata oggi la volta del maresciallo della Guardia di Finanza, Marcello Amico, nel processo sull’alluvione che il 3 luglio 2006 sconvolse Vibo e le Marinate provocando tre morti, 90 feriti e danni per 200 milioni di euro. Il teste, ripercorrendo le scene del disastro ed in particolare le difficili condizioni trovate a Bivona, Vibo Marina e Longobardi – completamente ricoperte di fango e detriti (in alcuni punti anche con due metri di altezza) -, si è soffermato sulla situazione riscontrata in contrada Sughero e Zufrò lungo la Statale 18 che congiunge Vibo Valentia a Longobardi. “Abbiamo controllato oltre 800 aziende – ha riferito il teste rispondendo alle domande del pm Benedetta Callea – e persone fisiche che avevano presentato domanda per il risarcimento dei danni a seguito dell’alluvione. Il nostro compito è stato anche quello di accertare che non si fossero verificate truffe o altri illeciti nelle richieste di risarcimento e nei lavori del post alluvione”.

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Il quasi totale abusivismo di contrada Sughero e Zufrò. “Si tratta di zone prevalentemente agricole dove potevano esserci solo insediamenti agricoli mentre in realtà abbiamo scoperto come Guardia di Finanza la presenza di numerose ville, alcune con piscina, totalmente abusive o comunque realizzate con evidenti difformità rispetto alle originarie concessioni. Durante l’alluvione, l’acqua proveniente dalla parte alta di Vibo, e precisamente dalla zona dove è prevista l’attuale costruzione del nuovo ospedale, si è quindi riversata violentemente a valle, in contrada Sughero”. Contrada Sughero, in sostanza, da zona agricola è stata di fatto trasformata in zona residenziale, senza però che ad essa sia mai corrisposta la programmazione e l’esecuzione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria. Tale area, infatti, risulta priva di una rete pubblica di fognature e di un sistema di raccolta e canalizzazione delle acque meteoriche, cosa che ad avviso del teste ha finito per aggravare gli effetti rovinosi dell’alluvione del 3 luglio 2006.

Bellantoni

Ugo Bellantoni

Le presunte responsabilità. Ad aggravare i danni dell’alluvione, ad avviso del teste, sarebbe stata anche la cattiva manutenzione di una strada in terra battuta che attraversa la località Sughero-Zufrò e che si collega all’ex tracciato delle Ferrovie calabro-lucane. “Tale strada – ha spiegato il maresciallo Amico – era degli eredi Marzano, ma la manutenzione straordinaria veniva eseguita direttamente dal Comune. All’Ufficio tecnico del Comune, poi chiamato settore Lavori Pubblici, quale dirigente vi era dal 1998 il geometra Ugo Bellantoni”, il cui incarico dopo una precedente sospensione ad opera dell’allora sindaco Pino Iannello era stato invece rinnovato nel 1999 dall’allora giunta comunale presieduta dal sindaco Alfredo D’Agostino. Dal 2001 a Bellantoni succede quindi nell’incarico Giacomo Consoli e poi Silvana De Carolis. Precisazioni del teste sono giunte anche in ordine al Piano di assetto idrogeologico (Pai) e sui compiti sullo stesso Pai affidati al Comune ed al Nucleo Industriale.

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Ai tre – Bellantoni, Consoli e De Carolis – la Procura di Vibo contesta l’omessa vigilanza “sull’attività edificatoria compiuta sul versante della collina di Vibo che va da contrada Cocari a Longobardi e, contestualmente, l’omessa programmazione e realizzazione di opere pubbliche di regimentazione idraulica per la raccolta e lo smaltimento delle acque meteoriche”. Gli imputati Raffaella Marzano, Alessandra Marzano, Maria Antonietta Marzano,  Fabrizio Marzano, tutti residenti a Roma, proprietari della strada privata di lottizzazione sita in località Sughero, rispondono invece di disastro e omicidio colposo delle tre vittime dell’alluvione del 3 luglio 2006. La Procura contesta a tali imputati l’omessa realizzazione, lungo la strada di loro proprietà, delle opere di regimentazione idraulica per la raccolta e lo smaltimento delle acque meteoriche.

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Sempre di omicidio colposo è poi accusato Domenicantonio Corigliano, nella sua veste di comandante della polizia municipale ininterrottamente dal 1969 al 31 aprile 2009, nonché quale dirigente del settore 2 del Comune di Vibo dal 1998 al 31 marzo 2009. La Procura contesta all’ex comandante dei vigili urbani di aver “omesso di esercitare l’attività di controllo dell’abusivismo edilizio nelle località Cocari, Sughero e Zufrò. Controllo che, se esercitato, avrebbe contribuito – secondo la Procura – ad accertare le gravi criticità relative alla pubblica incolumità, determinate dall’attività edificatoria, oltre ad impedire l’edificazione ed il completamento dei fabbricati e relative pertinenze, non conformi allo strumento urbanistico e come tali suscettibili, a seguito del relativo procedimento penale non instaurato proprio a causa dell’omissione del Corigliano, di demolizione”.

Gli altri imputati sono: Pietro La Rosa, responsabile della sorveglianza idraulica dei bacini idrografici nella provincia di Vibo; Ottavio Gaetano Bruni, ex presidente della Provincia di Vibo; Giovanni Ricca, responsabile pro tempore dell’Abr; Ottavio Amaro, responsabile pro tempore dell’Abr; Filippo Valotta (Consorzio industriale); Paolo Barbieri, ex assessore alla Provincia di Vibo.

Prossime udienze il 5 ed il 10 maggio e poi il 27 giugno.

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