'Ndrangheta: clan Pesce di Rosarno, chiesti 150 anni di reclusione (FOTO)

Nell’appello del processo nato dall’operazione “Califfo”, la pubblica accusa ha chiesto di confermare le condanne inflitte in primo grado

Il sostituto procuratore generale della Corte d’appello di Reggio Calabria, Domenico Galletta, ha chiesto la conferma della sentenza di primo grado, emessa dal Tribunale di Palmi, nei confronti degli imputati del procedimento “Califfo”, nato dall’operazione contro il clan Pesce di Rosarno.

Queste le richieste formulate dalla pubblica accusa: Giuseppe Pesce, 36 anni (in foto sopra e a destra) 18 anni di reclusione, 14 anni e 8 mesi per Biagio Delmiro (cl. ’68) e Saverio Marafioti (cl. ’65), 14 anni per Domenico Sibio, 13 anni e 4 mesi per Danilo D’Amico (cl. ’77), Rocco Messina (cl. ’84), Francescantonio Muzzupappa (cl. ’82), Giuseppe Rao (cl. ’83) e Francesco Antonio Tocco (cl. ’68). Per Ilenia Bellocco, moglie di Giuseppe Pesce e figlia di Umberto Bellocco, 12 anni di reclusione. Domenico Fortugno 5 anni di reclusione, Maria Carmela D’Agostino, Demetrio Fortugno e Maria Grazia Spataro 2 anni e 8 mesi. In tutto 150 anni di carcere sui presunti affiliati al clan Pesce.

Giuseppe Pesce è fratello di Francesco Pesce, detto “Ciccio Testuni”, che ha preso le redini del comando del clan, dopo alcune condanne definitive riportate dal padre Antonino Pesce, detto “Nino u testuni”, quest’ultimo storica figura del clan Pesce nonché nipote del defunto Peppino Pesce, patriarca dell’omonima “famiglia”.

In primo grado il Tribunale di Palmi ha riconosciuto una provvisionale di 100mila euro al Comune di Rosarno, parte civile nel processo. Provvisionale di 30mila euro pure per la Provincia di Reggio e la Regione Calabria.