Cultura & Spettacolo

#NATUZZA| I dialoghi con l’aldilà e la conversione di Indro Montanelli

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Il racconto del giornalista Roberto Italo Zanini, autore del volume “Natuzza Evolo, come Bibbia per i semplici”

di VINCENZO VARONE

Una testimonianza su Natuzza Evolo, di quelle che non si dimenticano, è quella che arriva attraverso un libro scritto qualche tempo fa da Roberto Italo Zanini, giornalista della redazione romana del quotidiano “Avvenire” e scrittore di successo, autore tra l’altro del recentissimo “Sacro Cuore” per le edizioni San Paolo di “Bakhita, Inchiesta su una santa per il 2000”, dal quale la Rai ha tratto una seguitissima fiction televisiva.

Scienza e fede. Nel volume “Natuzza Evolo, come Bibbia per i semplici” (San Paolo edizioni) si parla di Mamma Natuzza fra scienza e fede, di Natuzza donna semplice e umile, vista dagli occhi attenti dI un cronista che non l’ha mai conosciuta personalmente, ma di cui ha sentito la presenza viva e forte lungo le strade che portano a Paravati. Strade di luce e di fede che in più di un’occasione, per chi è riuscito a coglierne i segni, hanno saputo indicare la via giusta da percorrere.

Una settimana a Paravati. Le impressioni contenute nel libro sono il frutto di qualche settimana trascorsa da Zanini nei luoghi in cui la mistica ha vissuto e dove l’autore è riuscito a cogliere l’intensa spiritualità di Fortunata Evolo che per tutta la vita ha saputo dare conforto e speranza ai poveri e agli afflitti e l’amore profondo che la gente di ogni altitudine nutre per la mistica con le stimmate, morta in odore di santità il primo novembre del 2009 e la cui esistenza terrena è stata caratterizzata da un susseguirsi di fenomeni straordinari come i “colloqui” con Gesu’, la Madonna, i santi e, in particolare, Padre Pio e San Francesco di Paola, gli angeli e i defunti. E poi ancora la bilocazione, le emografie e soprattutto il mistero sconvolgente della passione del Signore che Fortunata Evolo ha vissuto per tanti anni durante la settimana santa sul proprio corpo: dalla salita al calvario, sino alla crocifissione. I segni di un cammino tutto proteso verso il bene, che in oltre 60 anni di missione vissuta nell’umiltà e nella preghiera, non ha mai conosciuto pause di sorta; un percorso fatto di fede, di amore verso tutti e in particolare verso la società silenziosa degli esclusi e degli ultimi, dei giovani particolarmente esposti ai rischi del mondo e del mordi e fuggi, ma anche di sofferenza e di obbedienza totale alla chiesa.

Un simbolo. Il viaggio di Roberto Italo Zanini, che avvolge il lettore dall’inizio alla fine, inizia dal Cristo crocifisso posto in vetta alla cupola del santuario mariano in fase di costruzione nella cittadella della carità, dove i pellegrini e i viandanti hanno la possibilità di sentire con forza la presenza di Dio, perche “lì in cima, sotto il tetto di legno – scrive il giornalista di Avvenire – è il Signore stesso a fare gli onori di casa al pellegrino, con genuina semplicità, come genuina e semplice era la mistica di Paravati”.

Pedagoga di Dio. Ed in questi luoghi dove la presenza di Natuzza si avverte in ogni angolo, Zanini ha saputo appuntare sul suo taccuino di cronista e di scrittore le sue impressioni che sono un “un invito e una promessa”. Basta lasciarsi prendere per mano perchè  “è lei la maestra che ci indica la strada della vera sapienza, la pedagoga di Dio, una bibbia sempre aperta alla pagina giusta, quella che ciascuno di noi cerca per dare una risposta alle proprie inquietudini”.

Montanelli morto cristiano. Nel libro, Zanini parla di alcuni casi in cui Natuzza è stata coinvolta ai quali lei “ha sempre risposto sulla base di quanto gli veniva riferito dagli angeli e dai defunti anche riguardo la sorte eterna di alcuni personaggi famosi”. Uno di questi riguarda Indro Montanelli. Quando il famoso giornalista morì nel 2001 si discusse molto di quel suo modo di essere laico e di dirsi incapace di guardare alla vita con gli occhi della fede. Con certezza, però, Natuzza disse “E’ salvo, ma ha bisogno delle nostre preghiere”. Affermazione che qualche anno dopo – scrive nel libro il giornalista di Avvenire – ebbe una conferma da monsignor Ravasi che aveva seguito Montanelli negli ultimi giorni e raccontò che era morto “da buon cristiano”.