Cronaca

Il pentito Moscato accusa gli “amici” di Vincenzo Barbieri

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Processo “Golden Jail” a Vibo, il collaboratore spiega i rapporti fra i “Piscopisani” ed il gruppo del narcotrafficante ucciso a San Calogero. Fiumi di denaro, con giovanissimi accusati di intestazione fittizia di beni

di GIUSEPPE BAGLIVO

Deposizione del neo collaboratore di giustizia, Raffaele Moscato, killer per sua stessa ammissione del clan dei “Piscopisani”, stamane a Vibo Valentia dinanzi al Tribunale collegiale nell’ambito del processo nato dall’operazione antimafia denominata “Golden Jail”, scattata ad opera della Dda di Bologna nell’aprile 2011 con il sequestro di beni per 10 milioni di euro, riconducibili per l’accusa a Vincenzo Barbieri – ucciso a San Calogero il 12 marzo 2011 – ed a Francesco Ventrici, 43 anni, già condannati per narcotraffico nell’operazione “Decollo”. Il troncone processuale relativo all’intestazione fittizia di autovetture di lusso e grossa cilindrata, fra Mercedes da 70mila euro e Porsche Cayenne da 130mila euro, è stato trasferito per competenza territoriale da Bologna a Vibo Valentia, mentre nel capoluogo emiliano è rimasto il processo, solo in parte a carico dei medesimi imputati, per le contestazioni relative all’intestazione fittizia di beni immobili. Cinque gli imputati, tutti a piede libero, sotto processo a Vibo: Marika Aiello, 31 anni, (avvocato Giovanni Vecchio); Concetta Santacroce, 27 anni (avvocato Francesco Muzzopappa); Giuseppe Fortuna, 31 anni (avvocato Muzzopappa); Bruno Cortese, 38 anni (avvocati Giuseppe Di Renzo e Patrizio Cuppari); Vincenzo D’Amato, 40 anni (avvocato Vincenzo Pugliese). Gli imputati, tutti di Vibo Valentia, sono accusati (i primi quattro) di aver fatto da prestanomi al narcotrafficante Barbieri nell’intestazione fittizia della Merdes Ml, il quinto di un Porsche Cayenne.

raffaele moscato

Raffaele Moscato

Il pentito. “Collaboro dal marzo 2015 – ha spiegato Raffaele Moscato rispondendo in videoconferenza al pm della Dda Camillo Falvo – , da quando sono stato arrestato per l’omicidio di Fortunato Patania di Stefanaconi. Appertenevo al clan dei Piscopisani che oltre a Piscopio estendeva la propria influenza anche su Longobardi, Bivona, Portosalvo e Vibo Marina. Ho commesso omicidi, estorsioni, tentate estorsioni, reati in materia di droga e danneggiamenti. Ho iniziato a collaborare con la giustizia perchè volevo cambiar vita, desideravo una vita normale. Ho frequentato l’area di Bologna poiché lì si trovava Rosario Fiorillo di Piscopio che era detenuto agli arresti domiciliari. Rosario Battaglia, pure lui di Piscopio, aveva invece un bar a Bologna in società con i fratelli Davide e Sasha Fortuna. Ho abitato personalmente a Bologna – ha continuato Moscato – e lì ho conosciuto Vincenzo Barbieri che era un grosso narcotrafficante amico sia dei fratelli Fortuna che di Rosario Battaglia. Barbieri si è sempre messo a disposizione dei Piscopisani quando al nostro gruppo serviva qualcosa, anche in materia di sostanze stupefacenti. Per un certo periodo di tempo, Vincenzo Barbieri ha trafficato droga pure per conto dei Mancuso di Limbadi. Negli ultimi tempi,però, i suoi uomini più fidati erano  Giuseppe Topia, Antonio Franzè, Antonio Della Rocca, detto “Spillo”, e Filippo Paolì, tutti di Vibo Valentia e che io ho conosciuto tutti personalmente”.

Gli incontri a Bologna. Raffaele Moscato, rispondendo alle domande del pm della Dda di Catanzaro, Camillo Falvo, ha quindi sottolineato che il clan dei Piscoopisani acquistò nel 2009 dieci chili di cocaina da Vincenzo Barbieri, con Antonio Franzè, alias “Platinì” che, a detta del collaboratore, trasportò la droga in auto sino a Piscopio. “Ho conosciuto Barbieri – ha ricordato Moscato – in un ristorante di Bologna e lui stesso ha offerto a noi di Piscopio una cena. Sono anche stato nel suo bar di Bologna denominato “Montecarlo”, gestito da una ragazza di nome Claudia e dal suo fidanzato. A Bologna ho conosciuto pure Francesco Barbieri, figlio di Vincenzo. Lo stesso Vincenzo Barbieri era fidanzato all’epoca con Marika Aiello che io ho visto al ristorante insieme a Barbieri e poi l’ho incontrata nel locale Pecora Bianca a Vibo”. A specifica domanda del pm, il collaboratore ha quindi detto di aver appreso solo in carcere da Antonio Franzè che Barbieri era solito intestare parte dei suoi beni a Marika Aiello (per il processo a Bologna il pm ha chiesto per la giovane l’assoluzione), ma riguardo l’uso di una Mercedes Ml ha specificato di aver saputo che la stessa era stata usata “dal fidanzato di Claudia del bar Montecarlo di Bologna per scendere a Vibo”. Tale Mercedes, secondo Moscato, sarebbe appartenuta sia a Vincenzo Barbieri che al suo presunto braccio-destro Giuseppe Topia.

tribunale vibo valentia

Tribunale Vibo Valentia

Milioni di euro da Vibo in Emilia Romagna. “Erano Filippo Paolì e Antonio Franzè a nascondere i soldi in contanti, a volte due milioni di euro, altre volte tre milioni, altre volte un milione e mezzo, all’interno di alcuni barattoli poi occultati all’interno di diverse macchine con le quali, con una cadenza quasi mensile, venivano trasportati da Vibo a Bologna a Vincenzo Barbieri per le sue esigenze personali. Il gruppo di Barbieri era pieno di soldi – ha sottolineato Moscato – erano tutti pieni di soldi ma ultimamente lo stesso Barbieri secondo Antonio Franzè non era più cauto come un tempo nel gestire gli affari”. Sarebbe stato per tale motivo, ad avviso del pentito Moscato, che Antonio Franzè, alias “Platinì”, si sarebbe ulteriormente avvicinato al gruppo dei Piscopisani, tanto da venire “battezzato” in carcere nella ‘ndrangheta ad opera dello stesso Raffaele Moscato e di Rosario Battaglia. Il pentito ha infine detto di non ricordare i nomi di Vincenzo D’Amato, Bruno Cortese e Concetta Santacroce, ma di ricordare invece il nominativo di Giuseppe Fortuna “detto Cacà – ha spiegato il collaboratore – e che aveva un’A3 nera”. Il giovane all’epoca, secondo la Dda di Bologna e la Squadra Mobile, era fidanzato con Concetta Santacroce, la ragazza che, stando alla testimonianza del sostituto commissario della Squadra Mobile di Bologna, Pescatore – resa nelle precedenti due udienze del processo – era stata fermata dalla polizia all’aereoporto bolognese con 15mila euro in contanti in un borsone. La ragazza (Concetta Santacroce), secondo il commissario Pescatore che ha condotto sul campo buona parte dell’inchiesta, nell’occasione si sarebbe giustificata con la polizia spiegando che il denaro proveniva dai propri risparmi personali. Gli inquirenti, che in occasione delle perquisizioni trovarono nell’abitazione a Vibo di Concetta Santacroce anche un bossolo esploso di pistola prelevato sul luogo dell’omicidio di Vincenzo Barbieri a San Calogero, sostengono invece che i 15mila euro dovevano essere consegnati a Vincenzo Barbieri per le proprie esigenze personali.

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